Sotto il regno dell’imperatore Rodolfo II d’Asburgo, che governò dal 1576 al 1612, Praga era diventata uno dei più importanti centri culturali e scientifici dell’Europa del tempo. Appassionato di scienze e cultore delle arti, l’Imperatore si circondò di artisti, uomini di lettere e scienziati che ebbero la possibilità, sotto la sua protezione, di sperimentare e condurre ricerche in tutti i campi dello scibile umano, spesso con importanti e sorprendenti risultati. Tra i tanti uomini che servirono il sovrano, provenienti da tutto il regno e dalle terre oltre i suoi confini, ve ne furono alcuni il cui ingegno e le cui opere li hanno resi immortali e i loro nomi sono arrivati oggi fino a noi. Tra questi merita sicuramente un posto l’astrologo, astronomo e alchimista Tycho Brahe.
Nato in Danimarca, a Knutstorp, il 14 dicembre 1546, da famiglia aristocratica, Tyge Ottesen Brahe – questo il suo nome completo – ricevette la prima educazione in casa di suo zio e a soli sette anni padroneggiava già bene il latino e le basi della matematica. Fu durante l’eclissi di luna del 21 agosto del 1560 che, non ancora quattordicenne, ma già esperto di astronomia, il giovane Brahe decise di consacrare la sua vita all’osservazione del cielo stellato. Studiò a Copenaghen retorica e filosofia, poi a Lipsia e Wittenberg astronomia, legge e matematica, con risultati sorprendenti per un giovane della sua età. Con i suoi studi volle conciliare il sistema tolemaico geocentrico con la nuova visione eliocentrica di Copernico, elaborando una sua particolare e originale visione del cosmo. L’11 novembre 1572 osservò l’esplosione di una supernova nella costellazione di Cassiopea. Descrisse questo avvenimento un anno dopo nell’opera De stella nova che gli procurò notevole fama perché assestava un colpo deciso alla concezione aristotelico-tolemaica del cielo che voleva stelle e pianeti corpi immutabili e fissi. Viaggiò molto per l’Europa e divenne astronomo del re danese Federico II che gli permise di costruire un laboratorio di osservazione del cielo, incredibile per la sua epoca, sull’isola di Hven, tra la Danimarca e la Svezia dove Brahe lavorò vent’anni. Ma in seguito alla morte di Federico, fu costretto a lasciare il suo regno dorato e le grandi ricchezze accumulate per incompatibilità con il nuovo sovrano e cercò rifugio presso la corte praghese di Rodolfo II d’Asburgo.
Quando arrivò a Praga, nel 1599, la sua fama era già nota all’Imperatore che lo riteneva il miglior scienziato del suo tempo. Una volta in città, Rodolfo lo volle incontrare da solo nella sala delle udienze. Si racconta che l’Imperatore al vederlo scese dal trono e gli strinse la mano; un onore, questo, che si tributava solo ai sovrani. Rodolfo II lo nominò subito astronomo e astrologo di corte e gli offrì come dimora il castello di Benátky nad Jizerou. Ma Brahe dell’Imperatore divenne anche amico intimo e sincero. A Praga continuò ad occuparsi anche di medicina e di alchimia ed ebbe sempre grande influenza sull’Imperatore che lo chiamava per consigli e consultazioni astrologiche, tanto da suscitare presto forti invidie tra i suoi colleghi che valsero al danese il nome di “spirito maligno dell’imperatore”. A Rodolfo, Brahe consigliò di non sposarsi, perché i figli – sosteneva – gli avrebbero causato disgrazie, e il re gli diede ascolto, con sommo disappunto della sua famiglia e del Vaticano. Le doti di alchimista dello scienziato sono testimoniate da vari episodi. Da giovane, in seguito a un duello scaturito da una contesa su una formula matematica, perse il setto nasale e fu egli stesso a costruirsi una protesi in oro e rame che si attaccava al volto con un unguento adesivo misterioso di sua produzione. Creava leghe di metalli e pietre preziose, ma non volle mai svelare le sue scoperte in questo campo perché timoroso del fatto che potessero cadere nelle mani sbagliate. Fu un convinto luterano, ma la cosa non gli impedì di essere, al tempo stesso, anche molto superstizioso. Portava sempre con sé amuleti e talismani per favorire la buona sorte ed era convinto che i corpi celesti influenzassero la terra e gli esseri umani. Sosteneva, però, che la libertà umana è tale da poter svincolare l’individuo dalle influenze celesti: “Astra inclinant, non determinant”. Per Rodolfo II produsse strumenti astronomici tra i più avanzati dell’epoca e fece importanti studi di osservazione sulla luna e le comete che rivoluzionarono le concezioni scientifiche del tempo.
Nel 1600, un giovane e promettente scienziato raggiunse Praga, chiamato dall’Imperatore come assistente del grande Brahe. Il giovane e il maestro iniziarono a lavorare insieme nonostante le loro idee spesso contrastanti. Ma i loro caratteri si compensavano a vicenda, e Rodolfo, mettendoli insieme, diede un grande contributo a tutta l’astronomia e alla scienza in generale. Il giovane assistente si chiamava Johannes von Kepler e sulla base delle osservazioni di Brahe sulla posizione di Marte, poté formulare anni dopo le sue famose leggi sul movimento dei pianeti.
Brahe creò una teoria cosmologica originale, secondo la quale anche se la Terra è al centro dell’Universo, attorno ad essa girerebbero solo la Luna e il Sole. Gli altri pianeti, invece ruoterebbero tutti intorno al Sole. Nell’osservatorio di Benátky nad Jizerou, Brahe e Keplero rivoluzionarono l’astronomia lavorando insieme fino alla morte del vecchio maestro che avvenne il 24 ottobre del 1601.
Sulla morte di Brahe si è detto e scritto molto e sono state avanzate varie teorie, alcune anche molto fantasiose, come quella, ad esempio, che lo vuole deceduto in seguito allo scoppio della vescica, per non mancare di rispetto all’Imperatore alzandosi da tavola per andare in bagno nel corso di un banchetto. Secondo alcuni lo scienziato morì per avvelenamento da mercurio durante uno dei suoi esperimenti alchemici; secondo altri si ammalò dopo un banchetto e morì a causa di un blocco renale, ma c’è anche chi sostiene che sia stato assassinato. Nel novembre del 2010 un team ceco-danese ha aperto la sua tomba e ha esaminato i suoi resti. Nei campioni prelevati è stato effettivamente trovato del mercurio, ma non in una concentrazione tale da poter minacciare la vita dell’astronomo. Non sono state quindi chiarite le circostanze esatte del decesso del grande scienziato, le cui cause rimangono ancora un mistero da oltre ormai 400 anni.
Pare che prima di morire, Brahe ripetè più volte la frase: “Ne frustra vixisse videar” (Non lasciate sembrare che sia vissuto invano). Alla sua morte, Rodolfo II, molto rattristato per l’evento, lo fece seppellire in pompa magna nella chiesa di Santa Maria in Týn ordinando che fosse eretto nella chiesa un monumento a grandezza naturale alla sua memoria. Sulla sua tomba venne fatta scrivere la seguente frase: “Non potere e ricchezza, ma solo Arte e Scienza sopravvivranno”.
di Mauro Ruggiero
Fonte: Progetto Repubblica Ceca