Fin dalla più remota antichità l’uomo ha stretto con il regno vegetale un legame indissolubile. Oltre ad essere un prezioso nutrimento per gli esseri umani, le piante hanno trovato largo impiego nei riti religiosi e magici di ogni cultura e, non ultimo, in campo medico. Tra gli ingegni più brillanti di ogni tempo che seppero penetrare i segreti ben custoditi di boccioli, petali, steli e radici, particolare gloria ebbe il nome di un italiano: il medico e umanista senese Pietro Andrea Mattioli. Mattioli dedicò tutta la vita allo studio delle piante e al progresso della scienza e visse, non a caso, molto tempo a Praga, città dove pubblicò la sua opera più importante: il famoso “Erbario”, monumentale lavoro in lingua ceca ancora oggi molto conosciuto e apprezzato.
Tra i molti illustri italiani che vissero tra il XVI e il XVII secolo nelle terre ceche e che con la loro opera contribuirono a tessere la fitta trama di rapporti culturali tra la Boemia e l’Italia, il dottore erborista senese fu tra i più amati, come testimonia anche lo storiografo ceco Bohuslav Balbín (1621-1688) che di Mattioli dice essere stato un “eccellente medico italiano che con il suo lungo soggiorno da noi, divenne quasi un nostro concittadino”.
Pietro Andrea Mattioli nacque a Siena nel 1501, figlio insieme a 12 fratelli di Francesco e Lucrezia Buoninsegna. Spirito irrequieto fin dalla giovane età e amante della natura, Pietro Andrea studiò latino, greco, retorica e filosofia a Siena e Venezia, per poi concludere gli studi di medicina a Padova nel 1523. Viaggiò molto per l’Italia al fine di perfezionare la sua segreta arte: Perugia, Roma, Trento e Gorizia lo videro esercitare tra successi e riconoscimenti la scienza di Asclepio, stimato dai potenti e amato dal popolo, mentre la sua fama di grande medico valicava i confini di città e regni. Mattioli si dedicò molto agli studi sulla cura della peste, che in quel tempo mieteva vittime in tutta Europa, e di altre malattie come, ad esempio, la sifilide. Intorno al 1544 era già molto famoso anche come botanico, grazie alla sua traduzione in lingua italiana dell’opera del greco Dioscoride sulla botanica dal titolo: “Sulla materia medica” che Mattioli pubblicò con il titolo: “Di Pedacio Dioscoride Anazarbeo libri cinque Della historia & materia medicinale…”. Mattioli continuò per tutta la vita a pubblicare nuove versioni ampliate, rivedute e migliorate di questo importante volume al quale diede il nome di “Commentarii” alias “Erbari”, volto ad analizzare le esperienze in campo erboristico maturate nei tempi antichi, confrontandole e arricchendole con le moderne conoscenze sulle piante officinali. La svolta importante nella vita del dottore vagante avvenne nel 1550 quando Mattioli fu chiamato come medico personale dell’imperatore Ferdinando I a Innsbruck. Ferdinando favorì molto lo studioso italiano e offrì lui la possibilità, nel 1555, di diventare medico personale di suo figlio Ferdinando del Tirolo. Al seguito dell’arciduca Ferdinando, luogotenente delle terre ceche, ma anche amante dell’arte e del sapere, Mattioli arrivò a Praga dove trovò una nutrita comunità di italiani: artisti, architetti, muratori e scalpellini che costruivano palazzi e residenze nobiliari e che, di lì a poco, avrebbero fondato per impulso della Compagnia di Gesù, nel 1575, la “Congregazione della Beata Vergine Maria Assunta in Cielo”, meglio nota come “Congregazione Italiana di Praga”. L’Arciduca nutriva per il terapeuta senese sincera e profonda stima, e quando sua moglie diede alla luce il suo primogenito, Ferdinando volle chiamarlo proprio come il suo medico personale: Andreas. In Boemia Mattioli strinse rapporti con umanisti e uomini di scienza e prese moglie per la seconda volta. Intratteneva scambi epistolari con dottori ed erboristi di vari paesi che gli inviavano a Praga esemplari di erbe note e ignote che lui studiava con grande attenzione.
Jiří Melantrich da Aventino è stato un editore e stampatore ceco, proprietario della più famosa e importante stamperia praghese, nota non solo in Boemia, ma in tutta l’Europa del tempo. Svolse la sua attività in un arco temporale fondamentale per la letteratura ceca che vide la nascita di alcuni dei più grandi capolavori in lingua nazionale. Melantrich ottenne dall’Imperatore il privilegio di pubblicare per cinque anni gli “Erbari” di Mattioli, in un’edizione illustrata di grande pregio che comportò l’investimento di ingenti capitali da parte sua, di Mattioli e dello stesso Imperatore. Durante la Dieta del 1558, gli Stati Cechi stabilirono che dal denaro proveniente dalle imposte venisse versata a Mattioli una grossa somma per la pubblicazione del trattato. Ma lo sforzo fatto venne ampiamente ripagato. Mattioli accettò che la sua opera venisse pubblicata in lingua ceca, per poter meglio servire agli abitanti del regno. Il lavoro di preparazione durò otto anni e il volume vide la luce solo nel 1562 con il titolo “Herbář jinak bylinář velmi užitečný”. La novità di questa edizione di grande pregio e valore scientifico fu il ricco apparato illustrativo, dipinto sulla base dell’osservazione diretta delle piante, per il quale furono chiamati in causa artisti provenienti da tutto il regno che lavorarono alle xilografie sotto il controllo dello stesso Mattioli. Il libro è ricordato anche per essere stato una delle prime opere nelle quali avviene un avvicinamento tra arte e scienza, grazie al passaggio da una raffigurazione simbolico-allegorica a una realistica degli elementi naturali.
L’“Erbario” era un compendio di tutte le conoscenze del tempo sulle piante officinali e il loro uso quotidiano in campo medico, alimentare e cosmetico. Nel libro erano annoverate anche piante che da poco erano state introdotte in Europa dalle Americhe come il pomodoro, il girasole e il mais.
Nella prefazione all’edizione ceca, Mattioli afferma di aver scritto l’opera per riconoscenza verso i cechi, popolo presso il quale viveva ormai da molto tempo: “Perché possano curarsi e proteggersi dai malanni”. Artefice della traduzione in ceco fu il dottore e astronomo boemo Tadeáš Hájek di Hájek, che sarà in seguito anche medico personale dell’imperatore Rodolfo II. Hájek non si limitò semplicemente a tradurre il testo, ma lo arricchì di informazioni preziose relative alle piante autoctone della Boemia e al loro utilizzo. Inoltre, con la sua traduzione, il medico e astronomo boemo pose le basi per la terminologia botanica in lingua ceca.
In seguito alla pubblicazione dell’opera, Mattioli venne elevato al rango di nobile. Negli anni di permanenza a Praga il terapeuta senese diede alle stampe ben cinque volumi, ma altri suoi scritti vennero pubblicati in lingua ceca anche dopo la sua morte.
Mattioli lasciò Praga e la Boemia intorno al 1566. Si stabilì in Tirolo, dove si sposò nuovamente, continuando però a esercitare la professione di medico presso la famiglia imperiale. Nel 1578 l’arciduca Ferdinando lo inviò a Roma al fine di curare suo figlio Andreas che nel frattempo era stato nominato cardinale. Mattioli obbedì, ma fermatosi a Trento fu contagiato, ironia della sorte, proprio da quella malattia per la quale aveva cercato tutta la vita un rimedio e che, invece, la vita gliel’avrebbe tolta: la peste.
Molto si deve, ancora oggi, al brillante botanico e dottore italiano vissuto in Boemia per più di due lustri al servizio degli Asburgo. Egli, infatti, diede con le sue opere un contributo importante allo sviluppo della scienza delle erbe medicinali a uso terapeutico, e alla divulgazione della conoscenza scientifica nell’Europa del tempo.
La “Matthiola” è un genere di piante erbacee perenni originarie delle regioni mediterranee. Queste piante producono fiori profumati che vanno dal giallo al rosso e dal blu al viola, e sono molto apprezzate come piante ornamentali. A dargli questo nome fu il botanico britannico Robert Brown, vissuto tra il XVIII e il XIX secolo, proprio in onore del grande Pietro Andrea Mattioli, medico e botanico senese.
Questo articolo di Mauro Ruggiero è stato pubblicato sulla rivista: Progetto Repubblica Ceca
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