Il cantautore gentile ci mette un gioiello, un fiore una gemma una minuta dolcezza nelle note. È in una culla il suo canto; la sua voce è sottile come gli fosse appena sfuggita dal labbro.
Fabio Concato è un Uomo che si è stancato di abitare nel caos metropolitano, nell’attuale gioco dei potenti, in mezzo a questa umanità che ormai ha una brutta cera.
E allora salta nelle nuvole e nel vento, nei fiori che nascono nel mese delle fiabe.
Lui vorrebbe ordinare le immaginazioni verso il sole, per darci la prima visione della libertà e della bellezza. La sua è una contestazione materna, una denuncia per gli affetti malati nel cuore e nelle parole.
Fabio Concato, con giusto i minimi giri armonici, soffoca chi vorrebbe muoverci verso il fondo: nel pozzo della violenza, dell’assalto e del cattivo gusto. E sa come farci uscire dalle finestre murate dall’indifferenza.
Poi ci elenca per nomi, ma anche per emozioni; con il suo pacato suono copre le canne dell’oscuro, e ci porge un sorso d’aria. Quando canta sembra tema di essere arrivato in ritardo per la sua ricetta d’amore. E ci guarda come avesse bisogno di una stella per farci capire la meraviglia che c’è nella vita.
Non ha mai perso la sua natura. È un teppista che porta gli specchi alle nostre debolezze, che fa saltare con le bombe le nostre indolenze. È una finta la sua calma, lui sventola bandiere e richiami d’alleanza e tiene lucide le bestemmie verso la disumanità del mondo.
Concato con ogni canzone tenta un serraggio dei sentimenti, come sapesse di essere il respiro essenziale di ogni cuore, la parte quadrata della nostra ragione. I suoi versi sono un cielo messo a nuovo, per accogliere i nostri sogni i nostri incantati desideri. E allora viene facile sorridere per la speranza, per la possibile fortuna. Viene facile cantare restando abbracciati.
Le sue canzoni sono lettere d’amore, e ogni cosa è dorata e le mani sono improvvisamente dolci.
Ascoltare Fabio Concato è come seguire la luce dei naviganti, è come sapere di poter trovare in un piccola parte dell’oceano un approdo pulito, senza nessuna anima morente senza nessuna donna punita senza nessun uomo offeso.
Di Michele Caccamo