Nell’epoca dei super computer, della conquista dello spazio e dei trionfi della fisica nucleare nella sua caccia alle particelle elementari della materia, non è difficile imbattersi nelle opinioni di politici, tecnici e dei cosiddetti “esperti”, che si chiedono quale sia l’utilità per le future generazioni dello studio delle “lingue morte”, o della storia antica; materie, insieme alla filosofia, alla letteratura, alla storia dell’arte, ecc. che, per quanto degne e rispettabilissime (ci mancherebbe), non sarebbero, alla luce delle esigenze del presente e del futuro prossimo, di nessuna utilità pratica alle schiere di informatici, ingegneri, biologi e, in generale, alle ”élite” di super specializzati e scienziati di cui il mondo avrà, invece, sempre più bisogno.
Considerazioni sulla validità o meno di tali affermazioni e un’analisi della loro legittimità esulano dai propositi di questo breve scritto, ma nell’approcciarci alla lettura dell’opera di Chiara Toniolo, Opus Numinum. La Teurgia e la Magia nel mondo antico (Progetto Ouroboros, Milano 2020), un libro che parla di testi antichi – illeggibili e incomprensibili ai più – che riportano oscure pratiche rituali esoteriche e che si basano, fondamentalmente, sulla credenza, addirittura, nell’esistenza della magia, non abbiamo potuto fare a meno di pensare alla questione di cui sopra per dare almeno una auto-giustificazione, del tutto personale, sul perché sia utile ancora oggi lo studio del mondo antico e, soprattutto, dedicare tempo prezioso a questo tipo di ricerche.
La prima considerazione che ci viene in mente è che, se si tiene conto di come per tanti anni schiere di insegnanti e professori, anche universitari (e anche in buona fede) hanno approcciato lo studio del mondo antico e lo hanno veicolato a generazioni di studenti, viene da pensare che, forse, quelle opinioni di stampo utilitaristico che vorrebbero la fine dell’insegnamento nelle scuole di alcune materie “inutili”, non sono poi del tutto così illegittime.
Se consideriamo, solo per fare un esempio, come l’insegnamento di una materia nobilissima quale la storia, sia da sempre troppo spesso strumentalizzato e piegato a seconda delle necessità di questa o quella fazione politica prevalente, per giustificare non di rado l’ingiustificabile, viene allora spontaneo affermare che questa, da magistra vitae, quale dovrebbe essere, sia troppo agevolmente alterabile in un vero e proprio falso storico, anche perché, come è noto, la storia la scrivono i vincitori, che siano essi di una guerra o di una scuola di pensiero.
Ci viene spontaneo fare un curioso parallelismo tra questo fenomeno di alterazione della realtà in campo umanistico con quanto accade in Meccanica quantistica stando al Principio di Indeterminazione di Heisenberg, e cioè che il semplice fatto di osservare una particella subatomica come, ad esempio, un elettrone, ne altera inevitabilmente lo stato. Ed è proprio, con le debite differenze, quanto accaduto allo studio di una parte fondamentale della cultura e dei fatti del Mondo antico. L’approccio positivista da una parte e una visione religiosa di una certa frangia dall’altra, che fino a pochissimi anni fa dettavano (almeno in Italia) le coordinate (tra loro poi non così contraddittorie) su come muoversi nell’esplorazione di questo immenso patrimonio di conoscenza, ha completamente ignorato e relegato nell’ambito della superstizione – quando non del bizzarro – tutta la componente magica, iniziatica, misterica e occulta in generale che, per una serie di ragioni che non vale la pena affrontare in questa sede, nella migliore delle ipotesi ha confuso e fatto passare come aspetti marginali e oscuri della religione degli antichi. Tale operazione, volta a garantire una certa forzata visione lineare dello sviluppo storico della civiltà occidentale, ha fatto sì che quella miniera immensa di esperienza, saperi, credenze ecc, fosse per molto tempo quasi completamente, e volutamente, ignorata dagli studiosi.
A riprova di quanto affermiamo basti citare, in tempi molto più recenti, lo strano destino toccato, ad esempio, a un gigante del pensiero scientifico moderno quale è stato Isaac Newton. Il matematico e fisico inglese, noto a tutti per le sue teorie scientifiche e per essere stato uno dei più grandi scienziati apparsi fino a questo momento sulla Terra, è però poco noto come alchimista ed esoterista, attività alle quali ha dedicato una parte cospicua e importante della sua vita e dei suoi studi.
L’approccio negazionista alla invece reale necessita del genere umano (in qualsiasi momento della sua storia) di mettere in atto certi comportamenti, avere credenze non basate sulla razionalità e cercare una relazione personale con il divino e la spiritualità fuori dagli schemi imposti dalle religioni e dai sistemi in generale, ha contribuito, purtroppo, ad ampliare quella voragine ormai quasi incolmabile che separa l’uomo contemporaneo dall’antichità (e dunque anche da una parte importante di se stesso) e cioè ad ampliare quella distanza che separa due dimensioni complesse e ormai parallele e che ci impedisce di comprenderle pienamente e di capirne le interazioni fondamentali. Quella distanza che è stata simbolicamente e allegoricamente descritta con immagini suggestive e di forte impatto quali “il ponte rotto” o, in certe tradizioni “la parola perduta” che non fanno altro che ricalcare quell’antica voce che annunciava da una nave, veleggiante lungo le coste del Tirreno, che “il dio Pan è morto”.
Continuare a considerare l’antichità come l’epoca della barbarie e della superstizione o, al contrario e nella migliore delle ipotesi come un mondo di riferimento in quanto a costumi e morale o, ancora peggio, come un’ideale età dell’oro, sono tutti atteggiamenti e approcci errati allo studio di una realtà complessa che non le renderanno mai giustizia e che, cosa più importante, ne negheranno per sempre la comprensione e, di conseguenza, negheranno la comprensione di una parte importante della nostra civiltà, dell’essere umano in quanto essere complesso e del suo posto nell’universo.
Il libro di Chiara Toniolo è un contributo importante che rispecchia, invece, un approccio più cauto al mare magnum e tempestoso del mondo antico, perché cerca di gettare uno sguardo attento e senza lenti colorate su questa dimensione e, in questo caso specifico, su un aspetto di questa alquanto complesso, spinoso e poco noto, se non a una ristretta cerchia di specialisti, e cioè le pratiche teurgiche e magiche delle civiltà arcaiche.
Uno dei meriti di questo studio che si evince già dalle primissime pagine del libro è quello di illustrare con chiarezza, metodo e soprattutto in modo impeccabile (cosa non sempre frequente quando si tratta di studi sul tema), un argomento di per sé ampio e le coordinate storiche, filosofiche e sociali in cui si inserisce. Nei ringraziamenti, riportati nel verso del frontespizio, la ricercatrice ringrazia per ultimo il suo cuore “che non si è mai spento e si tende, ora e sempre, per cogliere il divino in ogni cosa”. È forse proprio per questo, insieme, naturalmente, a un rigore filologico e storiografico necessario a qualsiasi ricerca che si rispetti, a fare la differenza e a garantire un approccio superiore e più completo allo studio della materia trattata.
Gli oracoli caldaici attributi a Giuliano il Teurgo e composti verso la fine del II secolo dopo Cristo, nel loro essere frammenti al tempo stesso “oscuri e insieme luminosi”, come tutti gli oracoli dell’antichità, sono una testimonianza straordinaria del pensiero, dell’immaginario, della visione e del patrimonio di conoscenza del mondo tardo antico. Una testimonianza che, in perfetto stile con altri scritti del tempo, hanno anche una notevole valenza letteraria. Lungi dall’essere una prova della superstizione degli antichi, questi frammenti sono invece un vero e proprio vademecum (per la concezione dell’universo dell’epoca) che, grazie alla fusione di magia e filosofia, permetterebbe agli iniziati, attraverso la voce sapienziale di un medium che li riporta, di raggiungere tramite l’intuizione e attraverso il superamento della realtà apparente, l’Assoluto e il divino, e cioè i vertici massimi della conoscenza cosmica. Questa eccezionale testimonianza (poco affrontata dagli studiosi) di una tradizione esoterica comunicata nel linguaggio poetico e mistico che permetterebbe al teurgo, all’iniziato, di risvegliare facoltà dormienti e sottomettere alla propria volontà, attraverso i nomi barbari e le pratiche rituali, entità divine e demoniache, non è poi, in vero, così lontana da quanto ancora oggi la specie umana fa o tenta di fare servendosi della scienza e della tecnologia, sebbene su un altro piano: il controllo e il dominio della natura e dell’universo intorno a noi per mettere in atto quella sorta di transumanesimo di cui, sebbene con significati diversi e a volte contraddittori, spesso si parla.
È questo, certamente, un approccio più costruttivo nell’affrontare il passato e consideralo non come un frammento di un percorso lineare che rispecchia, non a caso, la concezione ininterrotta del tempo dell’uomo della strada, ma con un’apertura, quella del cuore, appunto, e non solo della mente (dove “cuore” e “mente” vanno letti in senso simbolico) che ne garantisce una comprensione maggiore.
Il saggio, arricchito ulteriormente da una prefazione del poeta e grecista Angelo Tonelli, e da un ricco saggio introduttivo di Luca Valentini, mette inoltre in luce aspetti interessanti e altrettanto poco noti di personalità del passato che, sebbene riportate su qualche libro di filosofia ad uso dei licei, non vengono quasi mai considerate nella loro unità e completezza, con il risultato di non rendere piena giustizia a queste figure di pensatori di un’epoca trascorsa. Ci riferiamo a Giamblico, ritenuto “il più esperto nell’arte della Teurgia”, Porfirio, Proclo… figure, almeno alcune di esse, che quella visione di cui sopra ha fatto passare solo come pensatori, appunto, ma che, in realtà, sarebbe più corretto considerare come veri e propri “operatori del Sacro”. Operatori, insieme ad una schiera di colleghi noti e meno noti che, dalla più remota antichità alla luce di un fuoco acceso in una caverna, passando per le officine pregne di calore ed esalazioni di elementi e metalli, fino ai led dei moderni laboratori scientifici computerizzati e ai futuristici acceleratori di particelle, sebbene con metodi diversi, ma spinti dalla stessa volontà e impulso, indagano la realtà, l’universo e dunque i labirinti più nascosti dell’anima umana, con un fine unico: giungere ad un livello altro di conoscenza, sviluppo e consapevolezza della specie umana, o di parte di essa, che anela al controllo di ciò che al controllo sfugge, che vuole ottenere ordine dal caos e che brama indagare e conoscere le dinamiche e il funzionamento della “mente di Dio”. Perché, in fondo, che si cerchi una particella elementare con un acceleratore circolare chilometrico, che si vogliano aumentare le capacità razionali tramite l’interazione dell’uomo con un super computer, o che si cerchi di arrivare alla conoscenza superiore attraverso il raggiungimento di uno stato alterato di coscienza, non c’è poi, ne siamo certi, tutta questa grande differenza.
Recensione, a cura di Mauro Ruggiero, di
“Opus Numinum. La Teurgia e la Magia nel mondo antico”
Prefazione di Angelo Tonelli
Saggio introduttivo di Luca Valentini
Progetto Ouroboros, Milano 2020