Il 17 novembre scorso, la Repubblica Ceca ha celebrato il 35° anniversario della Rivoluzione di Velluto, evento chiave nella storia moderna che portò alla caduta del regime comunista in Cecoslovacchia, segnando l’inizio della transizione verso la democrazia e un’economia di mercato. A pochi giorni dai festeggiamenti il Paese sembra vivere però un momento di sensibile contraddizione interna, evidente nei messaggi discordanti che emergono dalle sue istituzioni da una parte, e dalla sua popolazione dall’altra.
Il Presidente ceco Petr Pavel ha recentemente dichiarato che si schiera apertamente a favore di una linea dura contro la Russia, affermando di essere favorevole all’utilizzo di armi americane da parte dell’Ucraina per colpire obiettivi sul territorio russo, e che gli Stati Uniti avrebbero dovuto autorizzare questa opzione già da tempo, ribadendo così ancora una volta il suo chiaro sostegno all’Ucraina, anche a costo di un’escalation.
Dall’inizio della guerra con la Russia, la Repubblica ceca ha inviato a Kiev, materiale militare per 7,3 miliardi di corone (289,68 milioni di EUR), come ha riferito recentemente la ministra della Difesa, Jana Černochová, in occasione del millesimo giorno dallo scoppio del conflitto. La fornitura di materiale militare avviene col benestare del governo, ma in modalità riservata. L’ultimo elenco è stato reso pubblico nel luglio del 2024 e comprende aiuti che vanno dai velivoli ai carri armati, veicoli corazzati e sistemi di difesa aerea. Senza dimenticare che Petr Pavel si era già fatto promotore dell’ idea di fornire, tra il marzo e l’aprile 2024, un milione di proiettili per artiglieria all’Ucraina; iniziativa andata a buon fine grazie all’aiuto di un’altra quindicina di altri paesi che hanno fornito a Kiev munizioni per 1,8 miliardi di euro.
Se da una parte questi numeri parlano molto chiaro sulla posizione del governo praghese in merito al conflitto russo-ucraino, dall’altra, però, un recente sondaggio dipinge un quadro domestico un po’ diverso. Più della metà dei cechi, infatti, non sarebbe disposta a difendere il proprio Paese in caso di un attacco russo, rivelando una società spaccata e insicura di fronte alle sfide della sicurezza nazionale. L’indagine, condotta da “NMS Market Research” e riportata anche sul quotidiano di informazione La Pagina, evidenzia che l’80% della popolazione percepisce un peggioramento della sicurezza a causa del conflitto in Ucraina, mentre due terzi temono un’escalation che potrebbe estendersi oltre i confini ucraini. Inoltre, le opinioni divergono significativamente tra gli elettori: i sostenitori dell’opposizione si mostrano fino a cinque volte più critici rispetto a quelli del governo in carica, sia sul sostegno a Kiev sia sulla volontà di impegnarsi nella difesa nazionale.
Questa dicotomia riflette un Paese che, sebbene sia storicamente impegnato nel quadro della NATO e dell’Unione Europea, appare diviso tra un élite politica che promuove un approccio attivo e determinato sul piano internazionale, e una cittadinanza sempre più insicura, preoccupata e in parte riluttante ad affrontare scenari e conseguenze di un eventuale conflitto diretto, come anche le numerose dimostrazioni contro la guerra che si sono susseguite dall’iniizio del conflitto hanno dimostrato.
Le dichiarazioni del presidente Pavel si inseriscono sicuramente in una strategia che mira a consolidare il ruolo della Repubblica Ceca come alleato di primo piano nel sostegno all’Ucraina e nel contenimento delle ambizioni russe. Tuttavia, l’atteggiamento della popolazione solleva interrogativi sulla capacità del Paese di mantenere questa posizione in caso di crisi prolungata o addirittura di un diretto coinvolgimento militare.
Questa spaccatura non riguarda solo la percezione della sicurezza, ma evidenzia una tensione più profonda tra i valori e le paure della società ceca: da un lato, l’adesione agli ideali occidentali di difesa della sovranità e dell’ordine internazionale; dall’altro, il timore di sacrifici e le incertezze sul futuro.
Giacomo Malaparte
(Fonti: Novinky, Idnes, La Pagina)