In occasione delle celebrazioni per il centenario dell’apertura della rappresentanza italiana a Praga e dell’avvio delle relazioni diplomatiche, l’Ambasciata d’Italia e l’Istituto Italiano di Cultura hanno inaugurato il 27 febbraio 2019, alla presenza dell’Ambasciatore Francesco Saverio Nisio e del Direttore dell’IIC Giovanni Sciola, una mostra permanente dedicata alla Congregazione italiana di Praga.
La Congregazione italiana di Praga. Note storiche.
La presenza italiana nell’attuale territorio della Repubblica Ceca vanta un’antica e importante tradizione. Nella seconda metà del Cinquecento esisteva già a Praga una nutrita colonia italiana composta principalmente da maestranze edili e mercanti stabilitisi nella città di Rodolfo II d’Asburgo che, nel 1583, divenne capitale dell’Impero.
I mercanti italiani si occupavano principalmente del commercio di beni di lusso, al tempo molto richiesti dalla corte imperiale, ma il gruppo più numeroso della colonia era composto da architetti, muratori, scalpellini e stuccatori impiegati nei numerosi cantieri del Palazzo Reale e delle prestigiose residenze della nobiltà che amava particolarmente lo stile rinascimentale di cui gli italiani furono iniziatori e maestri. Gli italiani stabilitisi a Praga provenivano principalmente dalla regione dei laghi lombardi compresa tra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia, e nella città risiedevano con le loro famiglie nelle vicinanze del Castello e lungo le vie Karlova e Vlašská, quest’ultima nota al tempo con il nome di “Via Italiana”. Le loro botteghe circondavano invece l’attuale Piazza di Malá Strana, anch’essa conosciuta come: “Piazza degli Italiani”.
Con il passare degli anni la colonia divenne sempre più numerosa al punto da indurre i Gesuiti del Collegio Clementino – presenti a Praga fin dal 1556 in seguito all’invito da parte di Ferdinando I – a tenere, a partire dal 1560, sermoni in lingua italiana presso la chiesa di San Clemente nella zona della Città Vecchia. Furono proprio i Gesuiti a iniziare una vera e propria opera di organizzazione della ormai numerosa comunità di italiani e fu così che sotto il loro impulso, tra il 1573 e il 1575, la comunità si diede un’organizzazione stabile dando vita alla Congregazione della Beata Vergine Maria Assunta in Cielo; un’istituzione con fini assistenziali e religiosi ispirata al modello delle Congregazioni Mariane dei collegi gesuitici. Gli scopi della Congregazione erano sintetizzati nel motto “Pro Deo et paupere” ed erano principalmente due: la difesa della fede cattolica nella Boemia protestante e la realizzazione di opere caritatevoli come l’assistenza ai poveri e ai bisognosi senza riguardo per la loro fede religiosa; la cura degli ammalati e la somministrazione ai moribondi dei sacramenti. Primo coadiutore spirituale della nuova istituzione fu l’italiano Padre Blasius Montanini.
Nella Boemia a maggioranza protestante, orfana del carismatico leader religioso Jan Hus, la Congregazione italiana rappresentava una delle minoranze cattoliche sul territorio e per questo ottenne nel 1580 speciali indulgenze da papa Gregorio XIII. La Congregazione contribuì notevolmente a rafforzare la coesione tra gli appartenenti alla minoranza italiana in Boemia e, grazie alle sue opere caritatevoli, fu subito apprezzata dalla popolazione locale, ottenendo un prestigio tale da indurre, nel corso del tempo, molti cittadini non italiani a chiedere di esservi ammessi. Il legame tra la Congregazione e i Padri Gesuiti fu molto forte, almeno nei primi anni di vita di questa, tanto che nel 1618, quando la Compagnia di Gesù venne espulsa dalla Boemia, molti religiosi trovarono rifugio proprio presso i membri della Congregazione.
Nel 1569 gli italiani avevano già costruito nella Città Vecchia un proprio oratorio presso il Collegio Gesuitico Clementino, dove tenevano le riunioni, e una cappella nella quale venivano celebrate le funzioni per tutta la comunità. Questa cappella, però, fu demolita nel 1589 perché ormai troppo piccola e ricostruita completamente a partire dal 1590 per essere consacrata nel mese di agosto del 1600. La nuova cappella, pur essendo dedicata alla Beata Vergine Maria Assunta in Cielo, fu sempre chiamata dal popolo: “Cappella Italiana” e ancora oggi è così denominata.
Nel 1602, a causa del numero sempre maggiore di poveri e bisognosi assistiti dalla Congregazione, si decise di acquistare la casa, nel quartiere di Malá Strana, di Domenico de Bossi, illustre confratello, per farne sede di un Ospedale. Il “Vlašský špitál”, dotato di una cappella dedicata alla Vergine Maria e a San Carlo Borromeo, fu attivo per molti anni e venne soppresso solo nel 1789 per volontà di Giuseppe II, per essere nuovamente rifondato come orfanotrofio maschile il 7 settembre del 1804. Negli Statuti della Congregazione dello stesso anno si ribadisce ancora una volta la duplice finalità dell’istituzione: quella religiosa, con la conservazione della Cappella italiana nella Città Vecchia, e quella caritatevole con l’amministrazione dell’Orfanotrofio e l’istituzione di un fondo speciale per soccorrere i membri della Congregazione in caso di bisogno. L’Orfanotrofio continuò la sua attività tra molte difficoltà e vicissitudini fino al 1941, anno in cui fu soppresso a causa della guerra. La Congregazione italiana, con delibera del 7 giugno 1942, sancì il passaggio allo Stato italiano sia della sede dell’ex Ospedale e orfanotrofio di Malá Strana, oggi sede dell’Istituto Italiano di Cultura di Praga, sia della Cappella della Vergine Maria sulla via Karlova nella Città Vecchia. Anche se, di fatto, nel periodo della guerra tutte le attività della Congregazione cessarono, questa, tuttavia, non decretò mai il suo scioglimento.