“Nick”, come lo chiamano gli amici, vanta un palmarès che gli ha fatto guadagnare, unico tra i tennisti italiani, l’ingresso nella “Hall of Fame” di
CB. Nicola, tu sei una leggenda! Hai vinto tutto, o quasi, perché, come dici sempre: per vincere tutto avresti dovuto allenarti di più e quindi divertirti meno… Senza pensarci troppo: qual è il ricordo sportivo che ritieni più indelebile?
NP. A parte le mie vittorie personali, probabilmente è stata la Coppa Davis: unica e mai ripetuta soprattutto perché c’è stata molta tensione politica. Quando finì quella partita fu come se mi fossi levato di dosso sei tonnellate. Per questo sicuramente è un ricordo indelebile. Lì ci avevo messo la faccia. Non è stata solo la soddisfazione sportiva, ma una soddisfazione personale perché ho dimostrato che avevo ragione io. Vincere a Parigi, specialmente la seconda volta, non è da tutti. Per mia fortuna di vittorie ne ho avute tante, anche qualche delusione, non tanto perché hai perso una partita, ma spesso per come e dove l’hai persa. Però anche questo fa parte del gioco.
NP. Noi all’epoca fummo trattati come dei re, ricordo che ci trattarono davvero benissimo. Specialmente me perché sapevano che ero stato io ad insistere di più. Ricordo che non vedemmo mai neanche un semaforo rosso, c’erano le motociclette della polizia davanti alla nostra auto, l’albergo era sempre perfetto… Praticamente la trasferta perfetta. In più quella volta abbiamo anche vinto abbastanza facilmente. Quindi della trasferta ho un ricordo bellissimo, è stata una vacanza stupenda, con un po’ di emozione, ma relativamente perché la squadra italiana era indubbiamente più forte di quella cilena. La gente in Italia diceva che in Cile mangiavano tre bambini al giorno, ma io cercavo di spiegare: “ragazzi ma perché gliela dobbiamo regalare? Poi fra trent’anni, ricordatelo, sulla coppa Davis ci sarà scritto Cile, è meglio che ci sia scritto Italia, no?”.
CB. Te l’avranno fatta mille volte questa domanda, ma vorrei chiedertelo anch’io: qual è la differenza tra il tennis di allora e il tennis di oggi?
NP. Prima eri un talento e poi diventavi anche atleta, oggi se non sei in partenza già un atleta, non ti fanno neanche scendere in campo. In più la
CB. Cosa pensi del tennis di oggi? Quando hai iniziato tu il tennis era uno sport totalmente di élite, o sbaglio?
NP. Lo chiamavano tutti “lo sport dei ricchi”, ma forse sarebbe più giusto dire che era lo sport dei ricchi che giocavano al circolo. Ma per quelli che andavano in giro come noi a giocare, era di sicuro lo sport dei poveri. Perché noi non prendevamo nulla. L’unica cosa bella del tennis di quell’epoca erano gli alberghi, sempre bellissimi. Io dico sempre di aver fatto la vita da miliardario senza un soldo. Ricordo che durante il festival di Cannes, il Carlton costava cinque-seicento euro di oggi. Io da furbo, sapendo di andare lì, portavo con me sempre lo smoking. Alle otto scendevo in smoking durante il festival e la gente pensava che fossi un giovane miliardario americano. Quindi era una vita stupenda, ma senza soldi. Oggi invece guadagnano cifre astronomiche, magari se le meritano pure… È inutile chiedermi: “non ti fa rabbia?” perché tanto comunque non si può far niente a riguardo.
CB. Famoso non solo sul campo da tennis, perché sei stato uno dei primi sportivi ad essere spesso presente anche sulle pagine di cronaca rosa, sui giornali, nel mondo dello spettacolo…
CB. Tu hai di fatto passato il testimone ad Adriano Panatta anche perché giocavi ai Parioli e praticamente l’hai visto nascere e crescere. Ma secondo te, paragonandovi come atleti, qual è la differenza tra voi due?
NP. Io ad un certo punto della mia vita ho giocato a pallone nella Lazio per tre anni, e forse questo mi ha forgiato di più. Adriano probabilmente era più dotato di me, ma è durato poco, perché proprio il suo fisico, che sembrava gagliardissimo, non ha retto, le sue gambe non reggevano il suo busto. Se uno ci pensa, lui ha giocato bene solo un anno. Poi, innanzitutto, lui era un giocatore di attacco e io di difesa e inoltre io ho sempre detto che lui è nato per giocare a tennis e io per giocare a pallone.
CB. E poi invece cosa ti ha fatto cambiare idea?
NP. Quando la Lazio mi ha voluto dare in prestito, non ricordo se alla Viterbese o alla Ternana, che erano squadre minimo di C se non di B, lì diventi schiavo perché chi gioca a pallone è schiavo della società. All’epoca non c’erano soldi nel calcio e non c’erano soldi nel tennis, però il tennis mi ha attirato di più perché ti dava l’opportunità di viaggiare. Allora posso dire di essermi buttato sul tennis soprattutto per l’idea del viaggio.
CB. Però nel calcio c’erano già allora un po’più soldi rispetto al tennis…
NP. Sì, quando ero diciottenne prendevo mille e cinquecento lire alla settimana dalla Lazio che per me erano tanti soldi. Io giocavo bene a calcio,
CB. Cosa ha il tennis in più rispetto agli altri sport, secondo te?
NP. Come tutti gli sport singoli nel tennis sei tu nel bene o nel male, non è che te la puoi prendere con gli altri. Nello sport di squadra, dopo una sconfitta, ti puoi nascondere nel gruppo, negli sport singoli invece non è concessa distrazione. Io penso, magari sbaglio, che il tennis sia lo sport più difficile e più cattivo innanzitutto perché tutti gli sport hanno un tempo, invece nel tennis no o quantomeno in passato era così, che magari iniziavi alle due e poi non sapevi quando avresti finito, invece oggi esiste il Tie-Break. Poi il fatto di dire “sono io, ma quanto sono bravo?” e la stessa cosa vale per l’avversario… Quando giocavo con Manolo Santana io sapevo esattamente cosa avrebbe fatto lui e viceversa. Inoltre una palla fuori o dentro di mezzo centimetro, cambia tutto. Anche nel golf, gioco che io non chiamo sport, ad esempio, vinci o perdi un torneo perché la palla si ferma ad un centimetro dalla buca. In ogni caso per me il tennis è il gioco più cattivo di tutti. Ma questo secondo me, magari gli altri giocatori di sport singoli diranno la stessa cosa!
CB. Cosa non hanno mai scritto di te che invece avresti voluto leggere?
NP. “Nicola Pietrangeli ha vinto Wimbledon”. Penso che avrei potuto vincere, perché in quel momento ero più forte io.
CB. Allora in questo caso potremmo dire davvero che se ti fossi allenato di più avresti vinto?