Un venerdì sera mi sono incontrata, per un’intervista per Cafe Boheme, con una personalità eccentrica: il fotografo Eugen Kukla, da poco tornato da un servizio fotografico sull’atterraggio dell’Airbus A380, l’aereo da trasporto più grande del mondo, nell’aeroporto Václav Havel di Praga. Per una serie di coincidenza l’intervista si è tenuta nell’atmosfera unica della caffetteria Café & shop di Natálie Steklová in piazza Jungmannove námestí, dove in più la Televisione ceca stava registrando un proprio programma.
Caro Eugene, permettimi di darti il benvenuto a nome di Cafè Boheme. Sei tornato da poco dall’Ucraina dove hai fatto molte foto per un reportage, foto che possono essere viste in tre esposizioni contemporaneamente: nella Biblioteca di Václav Havel (Galerie Montmartre), www.vaclavhavel-library.org; nella galleria Lucerna a Praga e nella chiesa della Vergine Assunta a Letohrad nella zona di Orlice. Che impressione hai avuto della situazione in Ucraina?
Eugen: sono stato in Ucraina per la terza volta, quanto a Kiev, soprattutto al Majdan, una persona può provare un’intera scala di emozioni incredibilmente intense- È un grande teatro di eventi emozionanti. Lì è tutto concentrato, la gente ha paura, gioisce per qualcos’altro, prova tristezza e rabbia, e scopre che la rivoluzione ha le sue leggi e che questo non necessariamente deve piacere a noi ciechi abituati piuttosto alla rivoluzione del 1989, grazie a Dio, ma a modo suo è un’esperienza affascinante carica di pathos che attualmente ha richiesto un dazio in termini di vittime, più di 100 persone. A Praga abbiamo avuto il nostro finto “morto” della StB Jan Šmíd, e ci ricordiamo bene qual è stato l’effetto sulla società, ma qui ci sono più di 104 vittime e se ne presume un numero maggiore.
Café Boheme: hai qualche rapporto specifico con l’Ucraina visto che ci sei andato già tre volte e in luoghi che una persona di solito non cerca?
Eugen: a me piacciono i posti dove accade qualcosa, anche se questo è molto generico, non sto dicendo nulla di specifico, ma il mio rapporto stretto con l’Ucraina è in qualche modo derivato dal fatto di aver compreso presto, e di averne trovato conferma poi, in modo più veloce che gli eventi sullo sfondo dell’ Ucraina, e quindi a Kiev, sono maledettamente vicini a quelli che avvengono sullo sfondo in cui viviamo noi. Anche se non è politicamente corretto, ho notato più volte nella mia vita che quando ha luogo qualche disgrazia oppure è in corso una guerra o un altro conflitto in qualche lontano paese esotico, allora ho la tendenza a pensare, senza rendermene conto razionalmente, che i diritti umani sono inalienabili, che la morte è una cosa orribile ovunque e che il dolore delle persone è uguale dappertutto, e a dire : “Ma che ci vuoi fare, è un’altra cultura, sono abituati così, non dovremmo intervenire, è un loro problema…” Ma Kiev è qualcosa di diverso, avevo l’impressione, e ne ho trovato conferma, che quello che sta avvenendo laggiù avviene anche dietro le quinte a Praga, e per questo gli eventi di Kiev mi sembrano maledettamente urgenti, perché quello che sta avvenendo là può avvenire anche qua. Dopo aver visitato Kiev questa possibilità non mi sembra più così remota per questo ne sono affascinato e per questo ritorno a fare le foto. In privato penso al rischio che corriamo di trovarci in una situazione simile, perché quello che abbiamo qui è bellissimo ed è ottimo, uno solo dopo essere tornato si rende conto di come qui si viva in una società moderna e adeguatamente civilizzata. Nonostante tutti i problemi che ci sono e che sono terribili, e che non sottovaluto in alcun modo, dovremmo essere comunque grati al Signore dalla mattina alla sera per quello che abbiamo qua e, contemporaneamente, renderci conto che se non ce ne prenderemo cura allora possiamo ritrovarci molto presto sul bordo del precipizio.
Café Boheme: durante il tuo soggiorno ti sei mai trovato in una situazione di insicurezza o addirittura di paura per la tua salute o la vita?
Eugen: Complessivamente durante le tre visite ho trascorso lì tre settimane. E ho avuto fortuna. Ogni volta che sono andato avevo degli obblighi a Praga e così nel frattempo la tensione calava. Quindi non mi sono mai trovato direttamente negli scontri, ma le loro orme erano presenti ovunque, ma non si può paragonare con la splendida “pace” che ho sentito lì in ogni momento quando sono arrivato. Più che altro percepivo una specie di spada di Damocle e ho sentito la paura, ad esempio quando sono stato testimone diretto della comunicazione che quella mattina era in preparazione una provocazione e che lì i poliziotti avrebbero potuto intervenire e sgomberare il Majdan oppure quando una persona sa che a volte la polizia segreta sequestra le persone, non al Majdan, là naturalmente non potevano, ma usciti dopo qualche chilometro. Era la prima volta che abitavo fuori dal centro, solo un paio di fermate dalla metro dell’autobus più avanti… non so… era una sensazione spiacevole. Per molto tempo la polizia senza uniforme e i provocatori facevano molta confusione soprattutto fuori dal Majdan, ma poi uno si dice che rispetto agli ucraini ha la fortuna di avere un passaporto straniero, le ambasciate sanno di te, sarebbe un problema se fossi sparito, io sono un vigliacco, avevo paura ma non è quello che ha vissuto ad esempio Petra (Procházková, ndr.), non la piscina, ma quegli orrori che hanno vissuto Petra e Jaromír Štetina quando nell’hotel Ukrajina si sparava. In una parte della Lobby dell’hotel c’era un obitorio improvvisato, nell’altra un ospedale e vi ci portavano le persone in fin di vita. Questo non l’ho vissuto e sono felice di non essere stato presente, non sono un reporter di guerra, in nessun caso.
Café Boheme: Come hai detto l’Ambasciata sapeva di te, ti hanno fornito qualche tipo di aiuto durante il tuo soggiorno?
Eugen: È stata una delle esperienze più belle, spesso le esperienze sono contrastanti, ma l’ambasciata ceca in Ucraina funziona come l’ufficio di uno Stato occidentale moderno. A partire dalla persona dell’ambasciatore fino ai singoli dipendenti. Nel momento del peggior terrore andavano ai processi nei tribunali con i dissidenti, erano lì e con la propria presenza davano a vedere al mondo che guardava e questo è molto importante. La loro conoscenza dell’ambiente e della situazione era ottima, questa si è dimostrata anche durante la collaborazione nel trasporto dei dimostranti feriti, l’erogazione di ogni tipo di aiuto di giorno e di notte. Massimo rispetto per questo. Per la prima volta nella vita sono stato in un ufficio ceco e ne sono uscito con una splendida sensazione, non mi era mai successo in cinquant’anni…
Café Boheme: Come funziona la diffusione delle informazioni, funzionano i normali canali di informazione – la televisione, la radio, internet?
Eugen: Per quanto riguarda l’accesso alle informazioni, la libertà di parola e di viaggiare, anche prima del dicembre 2013 l’Ucraina era messa incomparabilmente meglio rispetto a noi nel 1989. Nonostante questo molti ucraini hanno ottimi motivi per combattere contro questo regime, ma il paragone tra il 1989 e il 2013 ha diverse cose in comune – ad esempio la visione era simile, l’humour, quindi nella prima fase la protesta aveva questo carattere al Majdan, ma per il resto le cose erano diverse. Quindi i media funzionavano, soprattutto Internet, comprese le tv indipendenti dalla Hromadska, Espreso… ma ad esempio anche la tivù privata Kanál 5 del magnate del cioccolato Petr Porošenko.
Café Boheme: Hai degli amici ucraini?
Eugen: Sì, ne ho qui ma soprattutto adesso ne ho anche in Ucraina, una delle cause principali oppure degli impulsi della rivoluzione ucraina sta nel fatto che gli ucraini hanno una diaspora molto estesa in tutto il mondo, quindi vorrebbero vivere nelle condizioni che vi sono altrove, è un desiderio assolutamente logico e umano, ciò però è possibile in uno stato un po’ diverso, non in uno così corrotto. In questo senso uno degli argomenti più importanti per me è quando i nostri piccoli ometti cechi dicono “Siete così stupidi a voler entrare nell’Unione Europea che è piena di cose cattive quando noi preferiremmo uscirne”, in quel momento mi sale la pressione, è una incredibile e arrogante mancanza di umiltà. Una volta in Ucraina uno capisce che viviamo nelle condizioni di un moderno e libero stato occidentale con la garanzia dei diritti umani.
Café Boheme: Torniamo alle esposizioni – nello specifico a quella nella biblioteca di Václav Havel dove, nonostante il carattere di reportage delle fotografie esposte, è possibile percepire anche una testimonianza di emozioni arricchite dalla dimensione umana.
Eugen: Anche quegli orrori hanno una dimensione umana, fortunatamente non ho dovuto fotografare i cadaveri e le persone in fin di vita. Lo hanno fatto altre persone meglio di me, ho rispetto per il loro lavoro e non so se ne sarei capace. In ogni caso il fattore umano è presente ovunque, ma essendo arrivato lì sempre in momenti relativamente più tranquilli, allora mi sono potuto concentrare di più ad esempio sul funzionamento dell’infrastruttura del Majdan e sulle cose quotidiane che durante uno scontro aperto non si potrebbero fotografare. Per questo ho molte immagini dove si prepara da mangiare, dove gli abitanti di Kiev portano ai dimostranti nelle barricate dell’ottimo cibo fatto in casa, oppure le persone che ballano. Questo in qualche modo forse integra quella dimensione umana in modo non così drammatico.
Café Boheme: Personalmente la foto che mi ha colpito di più è quella dal titolo “Pizzeria nell’ormai bruciato Palazzo del sindacato – Quartier generale della rivoluzione”, dove da una parte si vedono dietro la finestra tre persone nel ristorante e dall’altra una barricata fatta con i sacchi. Il contrasto di una vita apparentemente normale e dall’altra la realtà crudele.
Eugen: Allora era una pizzeria, ora non più. Dell’edificio è rimasto soltanto un rudere bruciato. Era il palazzo del sindacato e contemporaneamente il quartier generale della rivoluzione, e durante uno degli ultimi scontri ha preso fuoco… Ma quando funzionava c’era una pizzeria, come detto, la vita andava avanti ed è tipico di tutte le rivoluzioni, le persone vanno al cinema, a teatro come se nulla fosse…
Café Boheme: Com’era la routine quotidiana sullo sfondo di eventi di questo genere?
Eugen: Dato che la città di Kyjev non ha subito il vandalismo al Majdan facevano molta attenzione affinché a non legarsi a quelle manifestazioni che l’ampio pubblico non avrebbe accettato, quasi tutti le agitazioni hanno avuto luogo nello spazio delle barricate, al di fuori di queste si faceva attenzione affinché la vita circostante proseguisse come sempre. In nessun caso non c’era caos, i problemi sono arrivati quando Janukovic ha fatto chiudere la metro: una cosa assurda in una città così grande. Sono contento che durante il primo soggiorno ho potuto abitare fuori dal Majdan, ho trascorso altri due giorni direttamente nell’hotel Ukrajina. Nel primo caso quindi ero a 10 km dal centro e ho avuto la possibilità di rendermi conto di questo contrasto.
Café Boheme: Hai citato la metro, come funziona per il resto l’infrastruttura del Majdan?
Eugen: L’infrastruttura comprende di tutto, ci sono ad esempio dei sorveglianti che controllano con attenzione che non ci siano dei provocatori, c’è una struttura sanitaria autonoma, una mensa da campo, i servizi spirituali, il centro stampa, altre persone organizzavano il trasporto dei manifestanti soprattutto degli ucraini non di Kyjev che se si allontanavano dal Majdan finivano per essere fermati dalla polizia e picchiati o sparivano… E tutto questo era collegato, comprese le stazioni per ricaricare il cellulare, il tutto ha un aspetto semi-caotico, improvvisato, ma è un’improvvisazione che merita rispetto. D’altra parte, dal punto di vista storico, la capacità di sopravvivere e di adattarsi in Ucraina è ad un ottimo livello.
Café Boheme: Non rimane che augurarti buona fortuna e sperare che la situazione si stabilizzi il prima possibile e diventi accettabile per una persona che vive nel XXI secolo. Ti Ringrazio a nome di Cafè Boheme per l’interessante intervista e ti auguriamo tanta forza per continuare a diffondere le informazioni sull’attualità sia da noi che nel mondo.
Bio:Nativo di Praga,Eugen Kukla (1963) si dedica alla fotografia già dalla sua prima infanzia. Ha scoperto la bellezza della fotografia grazie al padre e questo per mezzo delle opere di Josef Sudek e Karel
Plicka. Nel campo del suoo lavoro si è ispirato a Karel Cudlín, con il quale ha avuto l’opportunità di fare tre viaggi nella Rutenia subcarpatica e in Polonia. Durante l’era analogica fotografava con una Werra e una Nikon, attualmente perlopiù con Canon e Olympus, così come con i cellulari dei più vari marchi. La maggior parte delle fotografie di Kukla rimangono nel cassetto, cosa che ha cominciato a cambiare gradualmente solo dopo il 2001 quando ha esposto nel NOD di Praga, insieme alla futura moglie Nadia Rovderova (gallerista Art in box, ndr.), con la sua riflessione praghese sul 9/11 di New York e nel 2010 la fotografia di reportage del concerto di Eva e Vašek sotto il monte Říp – il tutto nel Forum 2000 di Žofín e il successivo progetto L.A.F. Laughter and Forgetting nell’Istituto di Cultura Francese. Ma è stata l’ascesa del fenomeno di facebook che ha permesso a Eugen di pubblicare in modo più esteso e pubblico. Della rete sociale citata apprezza la risposta veloce, la possibilità di discutere, inserire le fotografie in più livelli contestuali e conoscere le opere di altre persone creative indifferentemente dalle frontiere, le distanze o i circuiti culturali. Nonostante il cliché popolare sulla virtualità della vita sulla rete, con il tempo ha conosciuto personalmente una serie di persone interessanti che probabilmente in altro modo non avrebbe potuto conoscere. Tra queste anche Miroslav Cejka, il padre spirituale del progetto facebook “reale” “3 più 2” che ha messo insieme con un gruppo di persone creative che, pur non essendosi mai incontrate prima, si sono trovate simpatiche sulla Rete e hanno deciso di esporre insieme i propri lavori. Il risultato sono state le esposizioni di Lány, Rakovník, Veselí nad Moravou, Hradec Králové, Melník e del Centro Congressi di Praga. Oltre a questi luoghi Eugen Kukla si è presentato anche nel salone Podhoubí, nella galleria di Ústí nad Labem di Emil Filla, nella galleria praghese GG, nell’atelier Alf, nella Stará masna a Kromeríž, nella galleria Cafe Pierre a Veselí nad Moravou, a Brno nel Kolocave e nella sua sezione di Adamov, nella sala praghese Smes lesni nel Cafè v lese, nella Biblioteca Municipale di Chomutov, nella chiesa della Vergine Assunta, nel Palazzo Lucerna a Praga, così come nella galleria Montmartre della Biblioteca di Václava Havla. Alcune sue foto sono state esposte anche al Czech Press Photo 2012. A parte lo sport professionale, le fotografie dei rotocalchi e quelle di studio, l’autore non evita nessun genere, preferisce però il documentario e il reportage che soddisfano al meglio la sua ossessione di una vita di registrare ciò che vede. Ha lavorato e lavora con una serie di media. Tra cui Mediafax. Tn.cz, Ceská pozice, Lidovky.cz, MilujuPrahu.Cz, Týden.cz, Landeszeitung, E-15, Novinky.cz… Le sue fotografie sono apparse anche sul quotidiano MFDnes e sulle riviste Literární noviny, Reflex e vari altri portali. Nel 2004 ha realizzato un pellegrinaggio a piedi da Praga a Roma. EugenKukla@seznam.cz, Tel.:
+420604127949http://www.nekultura.cz/vytvarne-umeni-rozhovor/eugen-kukla-fotografreporter.html http://www.rozhlas.cz/cro6/tipy/_zprava/971153 http://afop.cz/2014/02/fotog
raf-eugen-kukla/ Intervista per Landeszeitung 18.VI.2013 (vedi PDF) Intervista per Focusmagazine: http://www.focusmagazine.cz/sites/default/files/focusmagazine/6.2013-
focus-magazine-low.pdf
Traduzione dal ceco di Andreas Pieralli