Com’è nata l’idea di questo progetto?
La fondazione Eleutheria possiede una delle più grandi collezioni di arte socialista della Repubblica Ceca. Per questo finora le sue attività si concentravano sulla riabilitazione di questa epoca artistica, e questo non solo in Repubblica Ceca ma anche all’estero. Durante la sua non troppo lunga esistenza ha realizzato già diverse esposizioni di successo in Italia, Belgio e Repubblica Ceca. Il nucleo del progetto consiste nel tentativo di confrontare la creazione artistica dell’epoca socialista, comprese tutte le limitazioni che essa rappresentava per la libertà dell’espressione artistica, con l0opera degli artisti contemporanei.
Perché avete stabilito il limite di età di 40 anni?
In questo modo, conformemente al nostro proposito, abbiamo assicurato solo la partecipazione di quegli artisti la cui creazione si è sviluppata dopo la caduta della cortina di ferro.
A quali conclusioni vi ha portato questo confronto? Una continuità o piuttosto una discontinuità?
Abbiamo scoperto una certa continuità. Nell’ambito dell’esposizione sono visibili opere figurative che per il tema e il cromatismo si rifanno alle opere presenti nella collezione di arte socialista. La maggior parte delle opere, comunque, riflette le tendenze che possono essere registrate su tutta la scena artistica contemporanea di tutta Europa, come per esempio il ritorno alla pittura e in particolar modo all’iperrealismo, oppure la popolarità duratura dell’arte ispirata allo streetart.
È interessante notare come alcuni artisti cechi sentano ancora il bisogno di dialogare con l’estetica dei tempi del regime comunista, il più delle volte lo fanno con l’ironia tipicamente ceca, ma a volte si può percepire anche una certa nostalgia.
Qual è l’artista che l’ha colpita di più e perché?
Tra tutti ne citerei due: uno è Martin Kocourek con le sue installazioni poetiche nelle quali, per mezzo di semplici assemblaggi, dona nuova vita agli oggetti e ai materiali che portano in sé i segni del tempo. E poi Martin Matoušek che con passione applica su tele di dimensioni enormi il cemento e i colori creando così composizioni monumentali estremamente espressive.
(gli artisti selezionati dalla commissione sono Hana Babak, Jan Kaláb, Martin Kocourek, Martin Matoušek, Jakub Matuška, Jan Mikulka, Jakub Nepraš, Ondřej Oliva, Tets Ohnari, Matěj Rejl, Zdeněk Trs e Roman Týc, NdR.)
Quali erano i criteri della selezione?
Scegliere solo 12 artisti è stato molto difficile. Siamo riusciti a raccogliere più di 600 artisti, spesso di qualità molto alta. La commissione internazionale (Genny di Bert, Enzo Cainero, Heinz Peter Hager, Francesco Augusto Razetto, Ottaviano Maria Razetto, Vladimír Rösel, NdR) ha accettato un compito non semplice e ha selezionato un campione rappresentativo che ha l’ambizione di illustrare l’ampia varietà di stili presenti oggi nella scena artistica ceca.
Sì, nella primavera del 2014 l’esposizione si sposta a Roma e l’edizione successiva dovrebbe tenersi probabilmente nel 2015.
In conclusione, quali sono i capisaldi di questo progetto?
Penso che l’elemento fondante del progetto sia quello di offrire vari livelli di dialogo: uno è il dialogo tra l’arte contemporanea e quella del regime passato, inoltre naturalmente il dialogo tra i cechi e gli italiani dato che l’iniziativa è italiana ma per gli artisti cechi. Un altro livello può essere trovato nel tentativo di coniugare il mondo dell’arte con quello del business.