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“Gli scrittori seminano dubbi”. Intervista a Mario Desiati, ospite di “Svět knihy” 2024

Arrivata ormai alla sua 29a edizione, la Fiera internazionale del libro di Praga, “Svět knihy”, è il più importante evento editoriale della Repubblica Ceca che vede ogni anno numerosi ospiti internazionali, tra scrittori, giornalisti, Case editrici e addetti ai lavori.

 L’Istituto Italiano di Cultura di Praga ha partecipato anche a questa edizione con un proprio stand espositivo e diversi ospiti tra cui lo scrittore e poeta italiano Mario Desiati (1977). Desiati ha pubblicato poesie su riviste sia in Italia che all’estero, è stato caporedattore della rivista “Nuovi argomenti”, ha lavorato con Mondadori e dal 2008 al 2013 è stato direttore editoriale di Fandango Libri.

 È autore dei romanzi Neppure quando è notte (2003), Vita precaria e amore eterno (2006), Il paese delle spose infelici (2008), Ternitti (2011,), Il libro dell’amore proibito (2013), Mare di zucchero (2014), Candore (2016) e Spatriati (2021), quest’ultimo vincitore del Premio Strega 2022.

 Proprio Spatriati è stato di recente tradotto in ceco dalla traduttrice e italianista Monika Štefková e pubblicato dalla casa editrice “Odeon”. In occasione della conferenza e presentazione della traduzione ceca del libro che lo scrittore ha tenuto nel corso di “Svět knihy”, abbiamo incontrato Desiati per fargli qualche domanda

MR. Cosa ti ha spinto a diventare uno scrittore?

MD. Credo che alla base ci sia sempre il riconoscimento di una ferita, ma una ferita simile alla crepa di un vaso, oltre la quale si vede un oltre.

MR. Ogni scrittore ha un diverso approccio e una diversa concezione della creatività. Che cos’è per te e come ti rapporti con essa?

MD. È una parte consistente della vita di ognuno di noi. È legata al nostro elemento spirituale, si esprime in alcuni stati di grazia. Per gli artisti quando compongono le loro opere, ma anche per le persone che non svolgono questo nella vita, ricevono degli stati di grazia in alcuni momenti cruciali della loro esistenza.

MR. Che cosa vuol dire essere uno scrittore oggi, in una società sempre più complessa. Possiamo ancora parlare di una missione sello scrittore e, se sì, quale potrebbe/dovrebbe essere?

MD. Non credo affatto nelle missioni degli scrittori. Non sono politici o ministri di una religione, né sono i depositari di alcuna verità. Uno scrittore per me resta uno che racconta con il ritmo migliore della parola e una struttura solida, cose che gli altri non vedono.

MR. Quali sono gli autori che ti hanno condizionato o influenzato maggiormente e perché?

MD. Nella mia giovinezza sono stato segnato dai poeti italiani del novecento, ma col tempo sono venuti tutti gli altri. Uno degli autori che ho più letto e studiato è stato lo slavista Angelo Maria Ripellino e a lui devo la mia passione per Hrabal, Nezval, Hašek, Holan, Černa e tanti altri autori cechi. Pur non conoscendo il ceco, la letteratura boema del Novecento tradotta e raccontata da Ripellino è stata essenziale per imparare a dare una sfumatura ironica e amara alle storie che racconto.

MR. C’è un libro o un racconto che ti ha cambiato la vita? Se sì quale e perché?

MD. La metamorfosi di Franz Kafka a quattordici anni, Gli Indifferenti di Alberto Moravia a vent’anni, Ara Coeli di Elsa Morante a 30 anni, Analisi in famiglia di Maria Marcone a 40.

MR. Nel 2022 con il libro Spatriati hai vinto lo Strega. Cosa vuol dire per uno scrittore vincere questo premio, e cosa cambia nella sua vita in seguito a questo traguardo?

MD. Ho cambiato numero di telefono, email e dopo un paio di mesi dove ho partecipato agli eventi istituzionali sono tornato alla mia vita. I miei scrittori preferiti sono tutti morti senza aver vinto premi.

MR. Lo Strega è un premio spesso al centro di molte polemiche. Diversi scrittori affermati lo hanno più volte criticato. Cosa pensi di questa cosa?

MD. L’ho preso come un gioco. Ovviamente serio visti gli interessi editoriali, ma pur sempre un gioco al quale i libri partecipano.

MR. Quali sono le sfide principali che uno scrittore deve affrontare oggi, rispetto al passato, per potersi affermare?

MD. Oggi vige il tempo della polarizzazione e della semplificazione. La velocità dei supporti impone questo. La sfida dello scrittore è quella di non rinunciare mai alla complessità perché se si semplifica troppo e si polarizza ogni cosa, trionferà il pensiero violento che è quello più semplice di tutti.

MR. Come hai visto evolvere il tuo stile di scrittura nel corso degli anni?

MD. Non l’ho visto evolvere. Ho solo continuato a cercare il ritmo migliore della storia che ho provato a raccontare.

MR. Cosa ti ha spinto a scrivere Spatriati, e quale è il messaggio che attraverso questa opera hai voluto veicolare?

MD. Come detto prima, se avessi voluto dare un messaggio in un libro avrei fatto un altro mestiere. Gli scrittori seminano dubbi, stressano il mondo e lo sguardo sulle cose. Dovrebbero lasciare questo e non la frase edificante da ripetere a pappagallo alle presentazioni. Ho scritto un romanzo che parte da una parola che nel mio dialetto è un termine discriminante per distinguere i buoni dai cattivi, i migliori dai peggiori. Quelli che hanno una famiglia, e un lavoro e una casa contro quelli che non hanno un posto e un’identità sessuale professionale politica (gli spatriati).

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