Uno strumento per orientarsi nel grande spread che c’è tra le forme e i contenuti dei messaggi politici.
“La nostra classe politica, che in tempi lontani annoverava ottimi parlatori e oratori, tende sempre più ad abbassare il registro, perché pensa di conquistare più facilmente il consenso ponendosi a un livello meno elevato. È la tentazione, strisciante, del populismo. Naturalmente questo implica il degrado anche delle argomentazioni, perché, ai livelli alti, il linguaggio è molto più ricco e duttile.” – C. Segre
Dopo l’intervista di Fabio Fazio al neonominato Presidente del Consiglio, ciò che è rimbalzato, riecheggiato e restato come rumore di sottofondo tra quotidiani nazionali e talk-show televisivi è stata, per un’intera settimana, l’ormai nota citazione di Walt Disney. Probabilmente è giusto così: quella era la perla da ricordare, il tratto, il marchio di fabbrica che rende riconoscibile e unico lo stile del premier.
Un comunicatore capace, però, non si distingue solo per gli slogan che sa trovare, ma anche per le formule che sa usare e riusare e che, pur passando inosservate, ne caratterizzano l’oratoria. I suoi topoi.
L’ex (?) sindaco di Firenze possiede un ampio prontuario di frase fatte, luoghi comuni e incisi precostruiti.
Quando Renzi cita, lo fa per accattivarsi la simpatia dell’uditorio. È un modo per solleticare una sorta di principio di piacere in chi ascolta, facendolo sentire appagato di avere delle basi culturali comuni con l’oratore. Citare Walt Disney coinvolge, più o meno indirettamente, un pubblico under 40, che come Renzi ha figli piccoli. Un target compreso tra i cinquanta e i settant’anni veniva invece più toccato da un’espressione che il fiorentino usava spesso al tempo delle primarie contro Bersani: “Quando voi –ovvero la “vecchia guardia del PD”- facevate già politica, io portavo ancora i calzoni corti”.
Non c’è nulla di male nel citare: lo fanno tutti sin dalle prime scuole di oratoria e retorica. Ciò che dovrebbe far suonare dei campanelli d’allarme a cittadini e giornalisti è, se mai, un’altra tecnica (nemmeno questa una novità, ma senz’altro ottimamente dominata dal nuovo Presidente del Consiglio): distogliere l’attenzione dai punti focali dei discorsi. E il punto focale dei discorsi di un politico sono i numeri.
Per colorare i propri discorsi, nessuno vieta ad un amministratore pubblico di citare poeti, uomini illustri o personaggi pubblici; anzi, ben venga! E può parlare anche della pace nel mondo e di come è importante l’amicizia, se lo desidera: non fa nessun danno, né aggiunge o toglie nulla all’astante. Noi ascoltiamo un amministratore, però, per sapere lo stato dei numeri, per avere dettagli tecnici. E quando Renzi ritiene di dover supportare quanto sta dicendo con dei dati, spessissimo (per non dire regolarmente) usa la seguente strategia:
1. Cambio d’espressione: il viso passa da un sorriso a uno sguardo serio.
2. Recita, tutto d’un fiato e senza virgole, di una serie di parole in politichese, qualche legge, qualche comma e qualche parola d’uso desueto.
3) 3. Breve pausa che lascia intendere come non sia possibile proseguire in questi termini.
4) 4. Finalmente, formula magica: “…Ora, non voglio entrare nelle tecnicalità se no sembra che voglio addormentare tutti” (citazione letterale, tratta dai minuti iniziali dell’intervista a Che tempo che fa; ma qualcosa di simile Renzi ha usato anche nella conferenza stampa di mercoledì scorso: “Oh, Matteo, come sei tecnico!”)
Risultato: i numeri non arrivano, ma il pubblico è stato prontamente consolato.
Consolato e compreso. Compreso e, paradossalmente, addormentato.
Quando il cittadino ascolta formule del tipo “Ora non entriamo nelle tecnicalità per non annoiarci”, ha diritto di arrabbiarsi ed esclamare: “No, no: entriamoci e come nelle tecnicalità! Non siamo mica stupidi: se volevamo divertirci ascoltavamo un comico.”
E se il cittadino ha diritto di arrabbiarsi, il giornalista, il cui compito è informare, sentiti i campanelli d’allarme (fumo di parole e nessun dato) ha il dovere di fermare il politico e chiedergli di essere preciso.
Il dormiveglia è la linea che divide un telespettatore da un cittadino.
Il telespettatore è quello che vuole relax, stupore, divertimento.
Il cittadino è quello che vuole diritti e ha doveri e interessi da salvaguardare.
Foto di copertina: www.iconfronti.it
Situazione spread. 18 marzo 2014