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Dai pulpiti a Twitter: le strategie di comunicazione della Santa Sede. Intervista esclusiva all’Arcivescovo Claudio Maria Celli, Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.

L´Arcivescovo Claudio Maria Celli, Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali e Presidente del Consiglio di Amministrazione del Centro Televisivo Vaticano ha tenuto lunedì 22 aprile, presso la Cappella barocca dell´Istituto Italiano di Cultura di Praga, una lectio magistralis su “Le strategie di comunicazione della Santa Sede”. All’evento erano presenti personalità di spicco del mondo della politica e della cultura ceche e l’Ambasciatore italiano in Repubblica Ceca, Pasquale D’Avino. Celli, considerato uno dei più grandi esperti del Vaticano in materia di comunicazione, relazioni internazionali e diplomazia ecclesiastica, ha celebrato anche una messa nella suggestiva Cappella dell’Istituto, un tempo di proprietà della Congregazione Italiana di Praga. Noi di Café Boheme  gli abbiamo fatto qualche domanda


CB. Buon giorno Monsignor Celli. Dai pulpiti ai twitter del Papa, com’è cambiata la strategia di comunicazione della Santa Sede in questi anni nei quali abbiamo assistito ad una rivoluzione senza precedenti nel campo dei mezzi di comunicazione?

 Credo che il cambiamento sia dettato anche dall’arrivo e dallo sviluppo delle nuove tecnologie. Se Lei guarda, ad esempio, il documento del Concilio Vaticano Secondo Intermerifica, che quest’anno compirà cinquant’anni, tutto il magistero della Chiesa, dei papi, fino a Giovanni Paolo II, avevano dei mezzi di comunicazione – che in quell’epoca erano sostanzialmente radio, televisione e stampa- una visione sostanzialmente strumentale. Le nuove tecnologie che danno origine ad un ambiente di vita dove gli uomini e le donne di oggi vivono, abitano, pongono nuovi interrogativi e stimolano ulteriori riflessioni. Come Lei avrà notato, già Giovanni Paolo II parlava di una “cultura digitale” e lo sviluppo – come dicono gli esperti- da strumento ad ambiente di vita, a rete sociale innegabilmente pone interrogativi. Direi che la stessa Santa Sede ha cercato  in questi ultimi anni di rispondere con delle iniziative particolari a questa trasformazione, a questo cambiamento. C’è stata prima la presenza in Youtube di un canale vaticano. Il Papa, quando gli abbiamo proposto di entrare in Youtube, rispose di sì, dicendo che voleva essere lì dove le donne e gli uomini di oggi si trovano a vivere. Poi abbiamo aperto un portale multimediale di comunicazione, di notizie, il “news.va”, oggi in cinque lingue, con circa 60.000 visite al giorno. Quando abbiamo avuto le dimissioni, la rinuncia al Ministero Petrino, di Papa Benedetto XVI, abbiamo raggiunto le 300.000 visite. Comprensibile… Poi l’ultimo passaggio nel campo della comunicazione, con i linguaggi tipici della comunicazione di oggi, è stato l’ingresso del Papa in Twitter. Oggi abbiamo superato i 5 milioni di followers. Ma per noi la cosa importante è che, come lei sa bene, questo messaggio viene ritwittato, il che vuol dire che oggi, secondo le più modeste stime, ci sono circa 50 milioni di persone che ricevono i tweet del Papa. Ritengo che questo sia un punto di riferimento concreto su come la Santa Sede abbia voluto affrontare le nuove dinamiche comunicative oggi.

 

 C.B All’interno del Vaticano, la filiera decisionale nelle attività di comunicazione quale procedura segue?

 Direi varia. C’è una funzione apicale perché, ad esempio come lei sa, ci sono dei messaggi, degli interventi che la Segreteria di Stato comunica alla Sala Stampa, e qui è la Segreteria di Stato stessa che manda il messaggio. Il portavoce, Padre Lombardi in questo caso, si fa carico di portare questi messaggi. Padre Lombardi riceve un testo e lo porta a conoscenza dei giornalisti perché alle volte, su alcune situazioni interne o della vita civile di un paese o della comunità internazionale, si esigono delle prese di posizioni che aiutano a capire, a chiarire o a spiegare la nostra posizione o il pensiero del Papa. Così come per la parte comunicativa è il Papa che fa un discorso e trova nei mezzi nostri la cassa di risonanza che fa sì che alcuni messaggi possono risuonare. Anche qui noterà la difficoltà. Io penso, ad esempio, che nessuno di voi conosceva questo discorso del Papa a Lisbona sul rispetto della verità dell’altro. Alle volte sfuggono determinate riflessioni e nonostante l’attenzione e l’impegno per far sì che queste comunicazioni siano condivise, ci accorgiamo che le persone fanno fatica. Ad esempio il messaggio della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali che viene pubblicato ogni anno. Lei pensi che difficoltà che anche noi abbiamo per far sì che sia conosciuto il più ampiamente possibile non solo dagli addetti ai lavori, ma ad altri livelli. Nonostante l’impegno, le pubblicazioni, le sottolineature ci accorgiamo che il messaggio non viene conosciuto. Io vado tutti gli anni alla grande Convenzione Internazionale nord americana dei giornalisti e  mi rendo conto che molti di loro non conoscono i messaggi del Papa.

 

 C.B.Monsignor Celli, Lei è anche un esperto di diplomazia e ha svolto compiti importanti in varie parti del Mondo come: Cina, Vietnam, Filippine e America Latina. Quanto è importante oggi l’attività diplomatica del Vaticano e in quali campi è principalmente impegnata?

 Credo che la presenza internazionale della Santa Sede serva principalmente a ricordare a tutti, senza condizionamenti, quella che è la verità sull’Uomo. Ad esempio la Santa Sede lotta per i diritti dell’uomo, tra i quali primeggia quello della libertà religiosa. Libertà religiosa non solamente per i cristiani e i cattolici, ma per tutti. Ritengo che questo sia un grande servizio che la Santa Sede può offrire. Come Lei ricorderà è proprio qui la funzione di libertà interiore che la Santa Sede può avere ed è per questo che esiste lo Stato Vaticano. Quando lo Stato Vaticano è stato creato nel 1929 era per garantire al Papa una totale libertà e indipendenza da altri poteri politici internazionali. Proprio perché il Papa possa dire senza condizionamenti la verità sull’Uomo, e qui direi che è la sua funzione. Funzione di dialogo, funzione di una promozione e di una convivenza armoniosa e rispettosa tra gli uomini e tra i popoli. E questo è un cammino difficile perché ci accorgiamo che, come la storia ci insegna, gli uomini dimenticano facilmente ciò che hanno sperimentato nella storia e ciò che deve essere il loro cammino. Allora la funzione della Santa Sede è proprio questa: favorire l’intesa, l’ascolto, la collaborazione, il far convogliare la vita internazionale e civile verso delle mete di una maggiore umanità e di una umanità più condivisa e, le confesso, che alle volte non è facile.

 

 C.B Lei conosce bene Papa Francesco perché era presso la Nunziatura Apostolica di Buenos Aires quando Bergoglio era Pronviciale della Compagnia di Gesù. Cosa ricorda di quel periodo?

 Dunque, Bergoglio aveva terminato da poco di essere Provinciale, però era ancora aperto tutto il tema della Guerra Sucia, il tema degli scomparsi, i “desaparecidos”, e il tema dei detenuti politici. La Nunziatura in quell’epoca viveva momenti di particolare e sofferente intensità. Toccava a me  accogliere e dialogare con i genitori dei desaparecidos e con i genitori, le mogli o i figli dei detenuti politici, e devo dire onestamente che è stata un’esperienza particolarmente forte. Papa Francesco, anche lui come Provinciale prima, poi anche dopo da Vescovo ausiliare, poi da Vescovo, Arcivescovo diocesano e poi Cardinale ha dovuto vivere questo momento. Credo che ancora oggi la società argentina non sia uscita da quel dramma, è un dramma che ancora pesa sulla coscienza degli uomini e delle donne.

 

C.B Cosa si aspetta la Chiesa dal pontificato di Papa Francesco?

Penso che ci aspettiamo da lui quello che ogni Papa deve essere. Il Papa, che è Vescovo di Roma e successore di Pietro, è chiamato a svolgere nella Chiesa un momento di conferma della fede. Come Lei ricorderà, Gesù dice a Pietro: “Pietro Io ho pregato per Te, perché la tua fede non venga meno. Tu, a tua volta, conferma ai tuoi fratelli  nella fede”. Questo svolge il Papa, ed è in questo senso che lui è “pietra” di riferimento e strumento di comunione all’interno della Chiesa. Poi, come Lei avrà visto, ogni papa vive questo carisma petrino con la propria personalità. Io ho già avuto esperienza di vari pontefici: Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II, poi Papa Benedetto e ora Papa Francesco. Come Lei avrà notato, Papa Francesco questo carisma lo sta portando con questa semplicità e grande capacità comunicativa. È una cosa che lascia stupiti. Papa Francesco sta suscitando un interesse anche in chi era lontano o in chi si era allontanato. Ma anche un interesse in chi non è cristiano. Perché? Perché l’uomo di oggi, sembra strano dirlo, ma è così: ha una profonda nostalgia di Dio, e quando ritrova qualcuno che gli ricorda questo, c’è qualcosa nel cuore che si muove. Le confesso ormai che io sono avanti negli anni e mi accorgo che nonostante tante pretese, tante affermazioni, l’uomo porta una grande nostalgia dentro. Le porto il caso di una signora romana ,agnostica, una donna molto intelligente e rispettosa, però agnostica, che mi diceva: ”Lei non si stupisca, perché mi conosce, però io porterò i miei figli la domenica all’Angelus del Papa perché voglio che i miei figli vedano Papa Francesco”. Un mio amico di Madrid mi ha scritto un messaggio in cui mi diceva: “In tre giorni questo Papa mi ha scaldato il cuore!”. C’è questo che lascia stupiti, questa cosa che stiamo toccando con mano. Ero recentemente in Cile per un seminario e la gente mi diceva la stessa cosa. Un riavvicinamento, un’attenzione, una sensibilità notevole causata da questo uomo che parla, che parla per immagini, ma che poi dice cose essenziali. Ha visto l’altro giorno? Ha detto: “Dio non è una babysitter, Dio non è uno Spray…” Ha immagini! Giovedì Santo, nella Basilica di San Pietro, ha detto:” Il pastore deve avere l’odore delle sue pecore”. Ha delle immagini audaci, però immagini che tutti capiscono e tocca un aspetto che delle volte noi con la comunicazione abbiamo mancato: tocca l’immaginazione dell’uomo! L’uomo è anche immaginazione, non è solo una massa cerebrale. È interessante. Noi lo stiamo vedendo ed è una cosa che ci lascia stupiti, piacevolmente stupiti. Io non mi sarei mai sognato di dire che Dio non è uno spray o che non è una babysitter… La gente capisce perfettamente cosa vuol dire. E quindi direi che è una comunicazione vivacissima, è un uomo di gesti. L’altro giorno un Vescovo mi ha detto:”Questo Papa convince di più per i gesti che fa che per le parole che usa”. Non mi sembrava un grandissimo complimento, però voleva dire senz’altro che ha dei gesti che comunicano. Tutto ciò lascia stupiti. E poi lui è fuori dagli schemi, la gendarmeria impazzisce, la sicurezza che deve cercare di proteggerlo… Ma ricordo che già Giovanni Paolo II diceva che era inutile che volevano metterlo sotto una cappa di vetro perché il Papa non era fatto per essere messo sotto una cappa di vetro. È vero! Il Papa non lo puoi proteggere come proteggi un capo di stato… Giovanni Paolo II lo diceva, in maniera molto semplice, sorrideva e diceva: ” Sì, se mi uccidono, la gente piangerà per dieci giorni e poi dopo venti giorni dirà: Evviva il Papa nuovo!”.    

 


 
 
 
 
 
 
 
 
Si ringrazia l’addetto stampa dell’IIC, dott. di Giulio che ha collaborato alla realizzazione dell’intervista
 
Photo: stanzevaticane.tgcom24.it
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