Chi non è mai riuscito a sentire le sue note sagittate, e le ha lasciate assorbire dal pubblico dei motivetti, sicuramente non ha scoperto nulla della sua musica: di quelle fessure universali, così poco collettive, che sono state da sempre un rifugio dei talenti.
Gianni Bella è un custode responsabile di una poesia fatta di vibrati, di immagini musicali che veramente in pochi hanno avuto in sorte. E ha saputo intrecciare storie miserabili quanto preghiere elevate; ha saputo creare una zattera per le nostalgie, un luogo cavo per l’aiuto ai sentimenti, sviluppando ovunque l’udibile musicale.
Ha sempre scritto sulla luce, e nell’aperto oceano della banalità si teneva accanto l’incanto: i canti che tremavano nel cuore e quella melodia infinitamente benigna: serena, e nella nostra speranza senza fine.
La sua musica è un albero maestro, un nastro fermo a corona della Bellezza; ha colori distintivi, carnosi e spinosi come le pitte di ficodindia o come le foglie degli oleandri; è uno specchio segreto dall’infinito.
Un genio difficilmente spiegabile.
Ha composto l’aria, e l’ha fatta ascoltare nelle radio come volesse sorpassare la nostra stessa vita giornaliera: per noi un ritaglio, un riparo.
Sì ci ha dato asilo, aprendo le maglie della nostra inquietudine, quando eravamo nauseati e con gli occhi a palla per la smania di capirci qualcosa, per quello stato di dispiacere che ci disturbava: e lui cantava sottovoce “dove siamo arrivati, amore mio”.
Sì ci ha fatto uscire da sotto le palpebre lo sguardo giusto anche verso Dio: provocandolo con un patto, fatto di parole ma ancor di più di suoni furibondi, incalzanti, con il continuo ritmo tirato fuori dai fondali metropolitani.
La sua è un’energia evidente; è la casa del giusto per respirare, nella loro altezza, i timbri invisibili.
È chiara la sua parte in questa vita: farci capire che il silenzio non sta immobile a guardarci, ma pretende da noi oltre alla musicalità i gigli della nostra anima.
Sì, Gianni Bella è un Genio difficilmente spiegabile.
Di Michele Caccamo