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Valeria Parrella presenta la traduzione in ceco del suo “Per grazia ricevuta”

Valeria Parrella è una scrittrice con una personalità speciale, è una giovane donna piena di vita e pervasa da quel temperamento tipicamente partenopeo che, unito alla bellezza della sua scrittura, fa sì che di lei venga detto: «Valeria Parrella raccoglie nelle maglie delle parole ciò che è, ciò che sente, ciò che non avrebbe mai voluto vedere» (Roberto Saviano), «Possiede qualità ormai rare: maturità, onestà, lucidità intellettuale. La più brava delle nostre giovani scrittrici» (Il Giornale) «Una voce profonda, scaldata al sole del Sud. Ogni racconto non ci lascia più e resta a lungo nella testa» (Elle).

Vissuta e cresciuta in Campania, le sue opere sono piene di Napoli, di personaggi napoletani inseriti nella loro vita di tutti i giorni, come se Napoli diventasse un microcosmo capace di contenere tutto il mondo e tutti i tipi di uomini che lo popolano. Parlare di Napoli vuol dire per lei parlare della vita e della sua varietà. Ma non facciamoci ingannare da quanto appena detto: niente è ripetitivo nei suoi romanzi, nemmeno Napoli si ripete, è ogni volta una città così diversamente descritta e popolata da poter essere qualsiasi altra città del mondo, ma è e rimane Napoli con tutte le sue molteplici sfaccettature.

Lo scorso 6 settembre Valeria Parrella è stata ospite a Praga del locale comitato della Società Dante Alighieri e della casa editrice Paseka nell’ambito della rassegna “4 chiacchiere con l’autore” organizzata dalla Società Dante Alighieri. Un folto pubblico di studiosi, studenti e amanti della lingua e letteratura italiane si è trovato di fronte la giovane scrittrice ed ha avuto la possibilità di porle domande e ascoltare le sue risposte interagendo in un ambiente ormai tradizionalmente ed appositamente informale che ha come scopo proprio quello di avvicinare la letteratura italiana contemporanea e i suoi rappresentanti al pubblico dei lettori.

L’occasione è nata grazie all’uscita in traduzione ceca ad opera di Alice Flemrová di Per grazia ricevuta, pubblicata dalla casa editrice Paseka che si adopera molto per cercare di pubblicare traduzioni ceche della narrativa italiana contemporanea. Dopo aver recensito per Paseka libri di Valeria Parrella, Alice Flemrova ha approfondito la conoscenza dell’opera letteraria dell’autrice e dopo qualche anno e dopo aver valutato assieme all’editore l’eventualità di pubblicare altre raccolte o romanzi, quest’ultimo ha deciso di pubblicare  Per grazia ricevuta. Per Alice Flemrová questa è stata una scelta felice perché i 4 racconti in essa contenuti riescono a suo avviso “a mostrare la vita della Napoli odierna da vari punti di vista, da prospettive differenti e sono raccontati  da voci fresche e vivaci”.

Proprio in occasione dell’incontro praghese, alla domanda su quale sia il suo rapporto con Napoli, la Parrella ha confermato quanto sin qui detto e cioè che per lei ambientare i suoi romanzi a Napoli è una cosa così naturale che solo quando questo le è stato fatto notare si è accorta che effettivamente Napoli è lo sfondo di tutti i suoi scritti. Il luogo in cui ambienta i romanzi arriva per lei in seguito, nasce prima il personaggio e l’idea di raccontare qualcosa. Dice lei stessa: “ad esempio inizialmente ho pensato di ambientare il racconto Un amico immaginato a Berlino poi mi sono detta, ma se può essere Berlino allora può essere anche Napoli e così è stato Napoli”. Secondo lei gli scrittori sono in Italia  sempre etichettati con un aggettivo indicante un luogo di provenienza preciso (scrittore napoletano, milanese, romano), mentre altri famosi personaggi no, sono semplicemente italiani. Questo è stato motivo per lei di vergogna, sentiva questa accezione come qualcosa di riduttivo, come se fosse relegata al ruolo di scrittrice regionale e non nazionale, ma col tempo ha capito che in realtà non le veniva tolto niente e che al contrario era un valore aggiunto “essendo Napoli una città di grande tradizione letteraria”.

Ecco perché non si è annoiati dal leggere sempre di Napoli, Napoli è un palcoscenico, un teatro del vero su cui Valeria muove con leggerezza i suoi personaggi sempre diversi (per strato sociale, sesso, età, situazione familiare) usando un io narrante in prima persona. Una scelta non coerente? Come si può parlare di un altro standogli dentro? “Io prendo le loro parti anche se il personaggio non mi piace del tutto, ci entro dentro totalmente, scrivo anche cose che non farei mai. È una lotta con il personaggio. Ma ho bisogno di fare il tifo per il mio personaggio per questo scrivo in prima persona anche se il personaggio non mi piace. La prima persona permette di mettersi da un lato della storia e vedere cosa succede, spazia tantissimo”. Diventa quindi per lei un angolo privilegiato senza il quale non potrebbe vedere le cose nella loro realtà, non si sentirebbe di essere autorizzata a parlarne da esterna.

Questo presuppone un’identificazione totale con il personaggio e una conoscenza molto approfondita dell’ambiente, del fatto, della psicologia e quindi un grande lavoro di ricerca che Valeria fa frequentando i luoghi, informandosi e documentandosi perché “se sono storie che ho deciso di scrivere vuol dire che sono rimasta impressionata, sono storie che mi hanno colpito quindi già qui ci deve essere empatia fra me scrittore e il personaggio di cui voglio scrivere. È sempre stato un gioco per me chiedermi come fosse vivere nelle vite degli altri, è un gioco che facevo fin da bambina. È solo in questo modo che riesco a poter giustificare il genere umano”.

 Questo amore per l’impersonificazione, per un palcoscenico virtuale che ospita l’intero genere umano, per la trasformazione, per il travestimento, non può non farci osservare un grande amore per il teatro che Valeria Parrella ha la possibilità di mostrare e condividere con I suoi lettori con la stesura dei suoi testi teatrali Il verdetto (Bompiani, 2007), Ciao maschio (Bompiani, 2009) e Tre terzi, scritto con Diego De Silva e Antonio Pascale (Einaudi, 2009). E’ poi di quest’anno la pubblicazione di Antigone (Einaudi 2012) che va adesso in scena in alcuni teatri italiani come il Teatro Mercadante di Napoli e l’Eliseo di Roma.

Dal seminario di Mazzacurati “Imparare a scrivere per imparare a leggere”, dove ha raccolto i primi consensi fra i colleghi di corso, e la pubblicazione del suo primo romanzo il passo è stato breve: è bastato uno slancio di coraggio, l’invio di un suo breve racconto alla casa editrice Minimum Fax e quello che era stato un suo timido sogno di bambina è diventato realtà: ora Valeria Parrella è una scrittrice, una delle più stimate ed abili scrittrici italiane.

Dopo il racconto rivelatore esce la sua opera prima, una raccolta di racconti dal titolo Mosca più balena del 2003 (premio Campiello 2004), a cui seguono diversi racconti pubblicati in raccolte antologiche nel 2004 e 2005. Sempre nel 2005 esce Per grazia ricevuta (entrato fra i cinque finalisti del Premio Strega nel 2005). Per il suo primo romanzo dobbiamo aspettare il 2008 quando esce Lo spazio bianco da cui è stato tratto il film di Francesca Comencini presentato alla 66ª Mostra del Cinema di Venezia e vincitore del premio Tonino Guerra al Bif&st 2010 per il miglior soggetto. Altri 2 romanzi escono successivamente: Ma quale amore (Rizzoli 2010) e Lettera di dimissioni (Einaudi 2011).

In questo spaziare tra i generi però Valeria Parrella ha le idee chiare: “tutti vogliono scrivere romanzi e non racconti che vengono recepiti come un genere di serie B. Le grandi case editrici non vogliono pubblicarli perché temono di vendere di meno. Invece gli editori piccoli e di nicchia hanno pretese economiche minori e possono permettersi di puntare di più sui racconti. Nei programmi scolastici si dà preferenza  al romanzo ed è così che crescono i ragazzi. Il romanzo è stato imposto in Italia per motive di unità linguistica. A me piacciono i racconti perché una cosa che posso scrivere in 200 parole la posso scrivere in 4 pagine e lavorare sulla lingua, sui sintagmi”.

La sua lingua così leggera e tecnica è il risultato di questo paziente lavoro di ritocco e limatura. Il concetto che vuole esprimere viene per lei al primo posto e lo sforzo creativo è teso a trovare la lingua per esprimere quel concetto.

Questa caratteristica compositiva oltre alla tematica, è stata la molla che ha spinto Alice Flemrová a confrontarsi con l’autrice italiana, e dice essa stessa: “Oltre alla tematica mi ha colpito il linguaggio dei racconti e lo stile sintetico ma molto conciso, pieno di bellissime metafore, crudo, ma poetico. Credo che la cosa più difficile sia stata mantenere la stessa brevità, sinteticità della narrazione e nello stesso tempo comunicare al lettore ceco anche le informazioni che risultano sottintese e che sono per un lettore italiano più facilmente leggibili, comprensibili. Nel libro ci sono molte allusioni alla realtà napoletana e io ho cercato di conservarle in quanto allusioni, non volevo, e non potevo, convertirle in “spiegazioni”.

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