Avventuriero, diplomatico, giornalista, scrittore, massone, agente segreto, amico di politici e intellettuali del calibro di Gabriele D’Annunzio ed Ezra Pound: Ugo Dadone è stato questo e molto altro, protagonista di una vita che sembra la trama di un romanzo d’avventura, da cui potrebbe essere tratta una di quelle serie televisive oggi in voga su Netflix.
Quasi nulla è stato ancora scritto su quest’uomo che ha attraversato e vissuto in prima linea gran parte di quel periodo storico ricco di importanti avvenimenti, che lo studioso britannico Eric Hobsbawm ha eloquentemente definito: “Il Secolo breve”.
Ma chi era Ugo Dadone?
Nato ad Agropoli (SA), nel Cilento, il 3 giugno del 1886, Ugo era figlio di Ernesta de Benedetti e Andrea Dadone, ingegnere che dal Piemonte si era trasferito con la moglie in Campania per lavorare alla linea ferroviaria che doveva collegare il Nord e il Sud della Penisola.
Le notizie sulla sua vita e le missioni ufficiali e segrete in diversi paesi e continenti per conto del governo italiano, prima e dopo l’avvento del Fascismo, le apprendiamo dal corposo e dettagliato fascicolo che, a partire dagli anni ’40 fino alla fine della sua vita, la CIA ha compilato su di lui, e che è stato desecretato solo nel 2006.
Sappiamo, ad esempio, che Dadone era alto 1,84 cm, pesava 80 kg, era brizzolato con gli occhi grigi e, tra le altre cose, parlava correttamente 7 lingue tra cui l’arabo e il ceco. Si legge anche che dal 1908 era iscritto alla Massoneria di Rito Scozzese della Gran Loggia d’Italia, e proprio quest’ultimo aspetto avrà una certa importanza quando Dadone si trasferirà a Praga negli anni immediatamente precedenti la nascita della Cecoslovacchia.
Iniziata la carriera da giornalista nel 1906, che lo vedrà collaborare prima con Roberto Farinacci e poi con Benito Mussolini al “Popolo d’Italia”, Dadone si sposò a Praga nel 1911 con Markéta Kašparová, figlia di un industriale di Pardubice, che aveva incontrato a Venezia lo stesso anno. Tra i due fu amore a prima vista e dopo il matrimonio la coppia visse viaggiando spesso tra l’Italia e Praga per diversi anni.
Tra il 1917 e il 1918, lo troviamo impegnato nell’organizzazione della Legione Cecoslovacca e poi al fianco del Generale Piccione, responsabile della missione militare italiana in Boemia, per assicurare l’indipendenza dall’influenza straniera del Corpo d’armata cecoslovacco, protagonista della guerra contro l’Austria-Ungheria. Dadone, che aveva partecipato alla Prima Guerra Mondiale ed era stato ferito, aveva all’epoca il grado di tenente, e grazie alla conoscenza della lingua ceca, aveva stretto rapporti con molti politici locali. All’italiano erano affidati incarichi diplomatici, ufficiali e non, tra cui raccogliere informazioni e sorvegliare il generale francese Pellé, la cui attività in Boemia non era ben vista dall’Italia. Fu incaricato dal Ministro Orlando di portare alcuni messaggi al futuro presidente T. G. Masaryk, ma il compito di Dadone a Praga era soprattutto raccogliere informazioni su questioni politiche, economiche e militari ceche, e promuovere una propaganda filoitaliana per contrastare l’influenza francese in Boemia.
Doveva pubblicizzare agli occhi dei cechi l’attività dell’Italia a sostegno della “nazione boema”, ed ebbe l’incarico di creare a Praga un ufficio stampa e di pubblicare un giornale ceco-italiano che illustrasse il punto di vista italiano su questioni di politica internazionale e, al tempo stesso, arginasse notizie tendenziose che danneggiavano l’immagine dell’Italia. Proprio a questo periodo risale la pubblicazione di “Boemia e Italia contro l’Austria-Ungheria” (Roma: Casa Editrice “l’Agave”, 1918), testo di una sua conferenza che tratta dell’impegno comune di italiani e boemi, uniti da antichi e profondi legami storici, per “distruggere l’Austria-Ungheria”. Sempre nel 1918, pubblica “La nazione czecoslovacca nella guerra mondiale: i volontari czecoslovacchi negli eserciti dell’Intesa: documenti politici e militari” (Roma: Ausonia, 1918). Ma Dadone pubblicherà e tradurrà dal ceco anche opere letterarie tra cui “La vita degli insetti: grottesco in un prologo, tre atti ed epilogo” (1920?) dei fratelli Čapek, e “L’ altra sponda: dramma in tre atti” di Jaroslav Hilbert (1928), a dimostrazione della sua vasta cultura e dei suoi interessi letterari.
Tramite i suoi contatti con giornalisti cechi, riuscì ad esercitare una certa influenza sulle redazioni dei giornali locali perché selezionassero e pubblicassero notizie positive sull’Italia e la politica italiana. Era particolarmente vicino, grazie ai suoi contatti in ambienti massonici, alla redazione di “Narodny Listy”, giornale sui cui scrivevano anche i fratelli Čapek, che per un certo periodo manifestò un atteggiamento filoitaliano. Grazie a Dadone, il giornale pubblicò anche un’intervista all’ambasciatore italiano Lago, nella quale il diplomatico difendeva i militari italiani in Boemia dalle accuse più svariate che venivano mosse loro in quei giorni.
Nel corso del 1919, Dadone, convinto sostenitore dell’irredentismo italiano, tenne per conto della Legazione italiana a Praga, anche una serie di conferenze pubbliche su temi storici e politici dai toni antiasburgici e nazionalisti.
A guerra non ancora conclusa l’agente giocò un ruolo fondamentale nella rifondazione della massoneria ceca e in particolare nella creazione della Loggia praghese “Národ”, di cui, però, non fu mai membro regolare. Il politico e giornalista ceco František Sís, chiese a Dadone, suo amico, aiuto per fondare una loggia massonica che aveva in realtà lo scopo di coprire e supportare operazioni e attività in funzione rivoluzionaria e antiaustriaca nel Paese. Dadone accettò di aiutare Sís, che in seguito divenne Maestro Venerabile della “Národ”, e coinvolse nell’operazione la Massoneria Italiana di Piazza del Gesù. Ma l’iniziativa non andò subito a buon fine perché gli austriaci arrestarono Alois Rašín e altri che dovevano essere membri fondatori. La Loggia fu però fondata qualche mese dopo, il 28 marzo del 1919 e fu la prima rinata loggia massonica praghese dopo gli anni del veto austriaco.
Sempre nel 1919 Dadone lascia Praga per incarichi diplomatici e missioni di intelligence nell’Europa dell’Est. Lo ritroviamo in Polonia, Estonia e Russia, paese, quest’ultimo, dove riesce a entrare con il pretesto di una missione commerciale ceco-italiana, ma da cui viene espulso quando i russi si accorgono che i contatti che stava prendendo a San Pietroburgo, erano soprattutto militari, politici e diplomatici, più che commerciali. Venne scoperto dalla polizia segreta russa NKVD, arrestato ma poi, a sorpresa, espulso dal Paese anziché fatto giustiziare.
Verso la fine del 1920, Ugo Dadone torna a Praga come addetto stampa di Antonio Chiaramonte Bordonaro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario italiano in Cecoslovacchia. Dal 1926 al 1929 l’agente italiano ricopre un incarico diplomatico a Ostrava dove esercita la funzione di Console, dal quale viene però rimosso per questioni interne al Partito Fascista con cui avrà rapporti non sempre semplici, anche per via della sua affiliazione alla Massoneria, istituzione che, come è noto, fu considerata illegale dai fascisti a partire dal 1925.
Dopo questa nuova parentesi cecoslovacca, Dadone riparte per altre missioni e avventure che lo vedranno per altri tre decenni viaggiare per diversi continenti. Prima alla volta degli Stati Uniti e in seguito dell’America del Sud, sempre con incarichi di propaganda per conto del governo italiano, e a partire dal 1933 in Medioriente dove continuerà la sua attività di scrittore, giornalista e agente segreto, pubblicando libri ed entrando in contatto con personalità importanti. Ma le sue gesta gli guadagnarono anche invidie e gelosie di alcuni gerarchi fascisti che lo accusarono di essere ebreo. Nel 1943 fu catturato dagli Alleati e inviato in un campo di concentramento, ma fu assoldato dalla CIA che ne riconobbe le non comuni doti spionistiche. Morì a Roma nel 1963.
Il presente articolo di Mauro Ruggiero è stato pubblicato sul numero di marzo 2021 del bimestrale cartaceo “Progetto Repubblica ceca”