Questo paese è una mano fresca che si posa sopra una fronte febbricitante, un Maestro che ti invita al suo cammino. Questo Sudafrica mi consola e mi incoraggia, risvegliando molti ricordi, antiche forme dimenticate nel tempo che tornano a condurre il mio sentire e non si può restare sordi al fragore dei suoi canti, o al silenzio dei suoi respiri al tramonto, all’accoglienza sommessa dei suoi sorrisi, invocazioni gentili di un luogo così sconosciuto, così traboccante di forza e dignità, vero, selvaggio e modernissimo, primordiale come i nostri istinti, sostanza stessa delle nostre tracce più profonde ed invisibili. Restare qui significa tornare nel centro dell’umanità, nel suo ventre caldo dove tutto può sembrare o forse è, ancora possibile, dove tutto cominciò e si era ancora tutti uguali nell’essenza, in quel regno candido di un puro inizio dove poter finalmente sentire richiami di una vita nuova all’orizzonte. Siamo nati qui, da qui….tutti noi…siamo partiti milioni di anni fa.
Guardo le apparenze della moltitudine, di un vastissimo e strano universo così lontano dal mio rassicurante presente, da ciò che già conosco o pensavo di sapere. Mi stupisco ancora e vorrei così tornare a raccogliermi e a stringermi come un tempo era, riconoscendo in me eredità perdute ed una meraviglia interiore, la stessa che ritrovo negli occhi di tutte le persone che incontro lungo questo cammino, splendide etnie di ogni colore in una commistione umana che non ha eguali nel mondo. Tutto il mondo è in Africa e qui ti senti come accanto ad un focolare, tra questa terra che sembra creta, densa e colorata, rossa come sangue, che tinge le mani ed entra nelle unghie, finalmente dentro la tua stessa anima, che aveva nostalgia della sua prima alba. Adesso sono tornata a casa dopo un altro lungo viaggio.
I tuoi alberi di Jacaranda, solenni ed ombrosi, il lilla ed il viola sopra tutte le tue strade ad ottobre, fioriture delicate e sognanti che si spargono nei viali come neve profumata, le tue brezze fresche che lavano via i pensieri e puliscono l’aria ed il cuore di chi riesce ancora a sperare in mezzo alla tua segreta brutalità. L’altra faccia del tuo esistere. Questa Africa che ti spezza il cuore, nella sua dura realtà di miseria e diamanti, di Porsche e sparatorie nelle tue strade insanguinate, nel più grave ed indegno divario sociale che io abbia mai visto. Sentirsi smarriti in Africa…sentirsi in tutti i luoghi del mondo ed in nessuno di questi…mi sento sola in Africa ma non vorrei mai più lasciare la tua forte stretta, le tue mani lunghe e segnate, il calore dei tuoi abbracci, le forme lunghe e sottili oppure morbide e tonde dei tuoi magnifici corpi.
Sprazzi di libertà e normalità rubati alla fatica…le tue Township intorno e dentro la città, con i loro Shebeens, la violenza muta e sempre in ombra delle tue strade, la vita dura di centinaia di mendicanti nelle strade del lusso e del benessere, barattare la vita per un po’ di sogni in cui sperare nonostante altro, nonostante quel verde che inonda la città, leoni e zebre all’ombra di alti palazzoni pieni di vetri luccicanti, di cactus enormi come totem da adorare tra i viali eleganti dei centri residenziali, le tue palme slanciate verso il blu perenne del tuo cielo, ed i banani imponenti e robusti traboccanti di frutti. Stare in africa e respirare e sentirsi vivi….tutto qui è ancora conquista, conquista interiore di una vita che chiede di emergere, che smuove domande, che ti mette in gioco, che risveglia emozioni e paure sempre immense. La vita che sfugge, la vita che qui sembra un destino già scritto, o un vestito stupendo, da indossare per una sola notte. La vita che è un dono da tenere ancora più stretto tra le mani, da nascondere per il presagio di un furto, la poesia e la speranza delle nuove generazioni, dei loro slanci, dei loro gesti, di quelle mani affusolate che si piegano in un modo diverso e ti invitano alla pietà, all’amicizia, al calore umano dimenticato, alla gentilezza, a dei movimenti curiosi che non potrai non amare. Qui non puoi sapere se un domani ci sarà, nemmeno io oggi lo so, per la prima volta forse non ti interessa nemmeno e non te lo chiedi, preso come sei a vivere questo giorno che non ha domande, che non ha risposte, che sembra un miracolo, denso del suo lento presente e di una gioia che non è solo sorriso. Ed un altro abbraccio, un altro alito di vita sarà lasciato al vento e sembrerà eterno.
L’Africa è il volto di una giovane e bellissima donna che canta e balla tra l’immondizia di una strada abbandonata, la sua energia che non muore mai, la sua brutale sincerità mentre ti osserva e tu, passi oltre. Ogni volta che una risposta davvero può giungere…noi passiamo oltre. Questa Africa inquinata da un odio antico che viene da lontano, o forse troppo vicino, da un conflitto che è apparentemente altrove, clandestino, inconfessato, che ha sporcato la storia, rendendo colpevoli gli uomini e le loro azioni tristi e bestiali, forse ancora non c’è stato tutto il perdono, tutto si agita e tutto si genera dove c’è stato il dolore. E’ così piena di dolore l’Africa. Sembra così visibile, a volte, l’Apartheid. A volte, sembra ieri. Ferite umane non guarite, non comprese, strumentalizzate per fare ancora altro male, per non assolvere nemmeno coloro che non hanno colpe. Ma qui non si è mai stranieri, solo abitanti fortunati o meno di uno stesso, profondo solco, tracciato nel terreno.
Ma resto qui ad ammirarti smarrita e nella tua aria pura e sotto il tuo cielo che brilla di azzurro e di bianco ritrovo il mio senso, le mie lacrime sincere ed il mio grazie di vivere adesso. Nelle tue strade enormi di nuovo perdermi tra l’abbondanza dei tuoi sorrisi e respirare i tuoi colori e superare giorni di lontananza come fossero perle nuove per il mio avvenire, da regalare a mia figlia per il suo futuro, da tenere stretti a me per fondermi nei tuoi ritmi convulsi o lentissimi, sempre veri, sempre forti, che mi lasciano inerte e grata, divorata dalla semplicità dei tuoi animi e dalla fortezza delle tue genti guerriere. Oggi ancora sentire i canti delle donne al lavoro, denti d’oro che scintillano al sole, sentirle parlare e gesticolare, fermarsi per la strada con lo stupore dei bambini ed ascoltare in un solo giorno anche 5 delle tue 11 lingue ufficiali. Suoni affascinati e a volte strambi, lontanissimi da comprendere, pieni di movimenti nuovi, di musicalità che non ci appartengono, le lingue Zulu, Sesotho, Afrikaans, Tswana e Xhosa, parlata dalla “gente rossa”, la lingua di Nelson Mandela, la lingua degli schiocchi e dei click, una magia che incanta chi ha la fortuna di poter ascoltare la musicalità e l’assoluta particolarità di un linguaggio antico e magico come la cultura a cui appartengono.
E’ pieno di gioia questo Sudafrica. E di tempo per agire. Per tornare a sentire noi stessi tralasciando tutto ciò che è inutile e l’insensatezza di una corsa ad ostacoli per avere l’inutile che ingombra ormai le nostre vite. Oggi guarderò un altro tramonto, un nuovo giorno andato per sempre. Oggi mi sembrerà di vedere tutto con occhi nuovi e questa terra magica e saggia mi insegnerà segrete vie, toglierò le scarpe e respirerò la dignità che qui non è solo una parola, felice solo di calpestare questi giorni importanti, di vita condivisa, dove ogni “altro” diventa me e si è tutti fratelli e sorelle, madri e figli di una sola, unica, straordinaria nazione.
Natalia Molebatsi – cantante, poetessa e scrittrice sudafricana.