Sri Lanka. Da un lontano passato un tentativo (dimenticato) di tolleranza religiosa.
Mauro Ruggiero
Gli attentati terroristici a sfondo religioso avvenuti in Sri Lanka nel giorno di Pasqua – attacchi che hanno causato 359 morti – mi hanno riportato alla mente un incontro che ebbi con un monaco buddhista su quest’Isola nel 2016. Questa mia testimonianza venne pubblicata quello stesso anno sulla rivista “Il Cervo bianco” e la riporto qui, integralmente, alla luce dei tristi accadimenti di qualche giorno fa.
Buona lettura e riflessione.
Recentemente mi sono recato nello Sri Lanka per visitare questa splendida isola che gli inglesi chiamavano Ceylon, e per approfondire alcuni aspetti di una delle religioni principali del Paese: il Buddhismo Theravada, che si ritiene conservi in questi luoghi la sua forma originaria. Questo tipo di Buddhismo, anche detto “Scuola degli anziani”, è il più antico tra quelli esistenti ed è stato tramandato da testi scritti in lingua Pali. La scuola Theravada è ritenuta più strutturata rispetto al Buddhismo Mahayama (Grande Veicolo), i cui testi classici sono scritti invece in sanscrito e che è considerato più “universale”. Il Buddhismo singalese conferisce molta importanza a un testo in particolare: il Mahavamsa (Grande Cronaca), e conserva gelosamente una reliquia: un dente che si ritiene essere appartenuto al Buddha, custodito nel complesso religioso e Palazzo Reale della città di Kandy, centro spirituale più importante e cuore pulsante del Buddhismo dello Sri Lanka.
Pur essendo il Buddhismo la religione più diffusa nel Paese, subito seguita dall’Induismo, anche Islam e Cristianesimo sono presenti sull’Isola e non sempre la distinzione tra queste religioni è netta a causa del diffuso sincretismo religioso di una parte non trascurabile della popolazione. Soprattutto tra Buddhismo e Induismo le influenze reciproche sono molte, ma anche nel Cristianesimo sono riscontrabili influenze buddhiste.
In molti templi dedicati al Buddha non è difficile trovare effigi e statue di divinità indù come nel caso del Gangaramaya, uno dei santuari più importanti della capitale Colombo, dove sono presenti statue del dio indù Ganesha vicino a immagini del Buddha in meditazione.
Ho trascorso a Ceylon alcune settimane visitando molti monasteri, templi e complessi religiosi, e ho avuto modo di parlare a lungo con diversi monaci e fedeli che, onorando la tradizionale ospitalità e cortesia tipiche dell’isola, hanno risposto a molti miei quesiti offrendomi nuovi e ricchi spunti di riflessione. Nel corso di una visita a un monastero nel Sud, nei pressi della suggestiva città coloniale di Galle, che per secoli è stata un importante porto commerciale che ha visto la presenza e l’interazione di culture e razze diverse, ho avuto modo di parlare a lungo con un monaco conosciuto in occasione di un Poya.
I Poya, nel buddhismo singalese, sono i giorni di luna piena in cui i devoti fanno visita ai templi e ai dagoba, gli affascinanti santuari dalle cupole bianche, portando fiori e accendendo incensi. Le notti di Poya, per il visitatore occidentale, sono un evento memorabile. I luoghi sacri sono pieni di gente che prega tra il profumo di fiori freschi e incenso che si mescolano all’aria calda e umida tipica di queste latitudini. Sono stato introdotto al monaco da alcuni conoscenti locali che mi hanno onorato ospitandomi in casa loro (dove ho potuto anche degustare la vera cucina tradizionale dello Sri Lanka come non sarebbe stato possibile in nessun ristorante) per qualche giorno.
Il religioso mi fissò udienza per il giorno dopo dicendo che sarebbe stato lieto di conversare con me sui principi della sua religione. Il giorno seguente, come stabilito, mi recai di buon’ora al tempio, una costruzione bianca adagiata su una piccola collinetta ricoperta di fitta vegetazione accanto ad una delle tante splendide spiaggi del Sud di quest’isola meravigliosa. Il monaco mi accolse con gentilezza e ci sedemmo subito all’ombra di un albero secolare nello spiazzale antistante la costruzione sacra. A dispetto della sua giovane età, il religioso dimostrò subito di possedere una padronanza impressionante della dottrina e, con mia non poca sorpresa, anche una conoscenza approfondita di altre religioni e della cultura occidentale in generale. Rimanemmo a parlare molte ore senza accorgercene dilungandoci su temi quali l’importanza della preghiera per un aumento generale della personale consapevolezza, la meditazione, gli insegnamenti del Buddha ecc. congedandoci con le luci della sera, ma dandoci appuntamento anche per il giorno successivo. L’indomani decisi di spingermi con le domande un po’ oltre chiedendo informazioni su eventuali correnti esoteriche del Buddhismo Theravada, presenti o passate, proprie di Ceylon.
Il monaco non sembrò sorpreso dalla mia domanda, ma disse di non sapere nulla su movimenti e organizzazioni del genere ad oggi presenti sull’isola. Mi disse però che una volta aveva sentito da un anziano religioso un racconto in merito ad un’antica fratellanza iniziatica presente in Sri Lanka intorno al XVI secolo. Gli chiesi di raccontare quello che sapeva. Lui acconsentì, ma dicendomi che non esisteva nessun documento a riprova dell’esistenza dell’organizzazione, che l’unica fonte era stato il vecchio monaco, che né aveva mai più sentito parlare della cosa da altri, né aveva mai letto nulla in merito, e che non poteva escludere si trattasse semplicemente di un vecchio racconto.
Accettai il rischio e gli chiesi gentilmente di continuare.
Premetto che i discorsi con il monaco avvennero in inglese con gli inconvenienti tipici di una lingua che non era quella materna di nessuno dei due parlanti. Ciò detto riporto di seguito fedelmente quanto il religioso mi riferì a proposito di questa presunta organizzazione iniziatica nella Ceylon di qualche secolo fa.
L’associazione, stando a quanto riferito, si sarebbe chiamata: “Fratellanza degli spiriti splendenti” oppure “Fratellanza della vera conoscenza” (Il monaco disse di non aver al tempo del racconto ben capito dal suo anziano confratello il nome dell’organizzazione) e sarebbe nata nel XVI secolo in un particolare e difficile momento storico dell’isola. La fratellanza iniziatica sarebbe stata creata probabilmente da alcuni religiosi buddhisti e personalità religiose di riferimento delle comunità di commercianti musulmani, stabilitisi sull’isola a partire già dal VII secolo, e impegnati nel commercio di spezie e pietre preziose. A Sindibad (così i musulmani chiamavano lo Sri Lanka), infatti, si stabilirono nel corso del tempo varie comunità di islamici sunniti che continuarono a professare la propria fede vivendo pacificamente con gli abitanti del luogo di religione induista e buddhista, per secoli. I “mori dello Sri Lanka”, come vengono chiamati ancora oggi, crearono insediamenti principalmente a Jaffna e Galle, ma con l’arrivo dei portoghesi nel XVI sec., e l’opera di conversione spesso forzata della popolazione locale ad opera di domenicani e gesuiti al loro seguito, molti musulmani fuggirono e trovarono rifugio nell’entroterra per sfuggire alle persecuzioni.
I buddhisti, invece, si rifugiarono a Kandy, centro che resistette per tre secoli ai tentavi di conquista delle potenze coloniali europee (prima portoghesi, poi olandesi e infine inglesi) e divenne il simbolo e la roccaforte della fede buddhista sull’isola. Proprio in seguito alla fuga dalle coste di buddhisti e musulmani che non accettarono di convertirsi al Cristianesimo imposto con la forza dagli invasori portoghesi, pare sia nata questa fratellanza iniziatica che aveva lo scopo, secondo le parole del monaco, di praticare e divulgare il più possibile l’insegnamento della tolleranza religiosa in quanto ciascuna religione, secondo i suoi membri illuminati, era solo un aspetto della Verità: una sua particolare manifestazione, e nessuna religione avrebbe mai potuto imporsi sulle altre con la forza credendo di essere quella vera.
L’organizzazione, costituita da personalità importanti delle due religioni (probabilmente anche da membri “laici”) promuoveva quindi la tolleranza e l’idea di una Verità unica frammentata nei diversi credo, in un periodo di guerra e disordini religiosi. In che modo questo sodalizio agisse non ci è dato saperlo, probabilmente attraverso le parole e gli insegnamenti trasmessi ai fedeli dai propri membri appartenenti alle due comunità religiose. Nessuna notizia si ha neanche in merito alla struttura di questa fratellanza, ma pare che a capo di questa vi fosse un gruppo ristretto di influenti personalità di entrambe le religioni che avevano lo scopo di istruire e coordinare i vari gruppi dell’organizzazione operanti sull’isola. Nessuna notizia si ha su eventuali rituali praticati da questi gruppi, né in cosa consistessero i riti di iniziazione dei vari nuclei (a patto che fosse un’organizzazione iniziatica, oltre che segreta) e nemmeno (pare) sia stato mai ritrovato nessun documento a testimonianza dell’esistenza e dell’attività dell’organizzazione stessa. Le poche cose che il monaco mi riferì sono il frutto di una storia evidentemente tramandata oralmente da poche persone e di cui oggi non si sa quasi più nulla.
Per quanto tempo l’organizzazione sia rimasta attiva neanche è possibile saperlo. Muovendoci nel puro campo della speculazione, non supportata però da nessuna prova, si potrebbe ipotizzare che forse qualche loggia massonica introdotta dagli inglesi nel XIX secolo sull’ isola, sia venuta a conoscenza dell’esistenza della fratellanza, o forse addirittura di qualche documento appartenuto ad essa, ma è possibile che già a quell’epoca dell’organizzazione si fosse già persa ogni traccia. Ipotizzare l’esistenza ancora oggi di una struttura segreta sovrareligiosa e sincretistica nella moderna Ceylon è certamente affascinante, ma questa idea non è supportata, purtroppo, da nessuna evidenza. Dunque se ancora esistesse un’organizzazione del genere sarebbe veramente di carattere esoterico e segreto e sarebbe riuscita a rispettare per secoli il concetto di segretezza ed esoterismo. Oppure più semplicemente, questa organizzazione non esiste più da molto tempo, a patto che sia mai veramente esistita.
Terminato il suo racconto, il monaco mi disse che lui non sapeva niente di più e che, forse, avrei potuto chiedere altre informazioni direttamente alla fonte della sua storia: l’ormai molto anziano monaco di Kandy che molti anni prima gli aveva raccontato quanto avevo ascoltato io da lui.
Mi avvertì però che il monaco non parlava inglese e che da anni ormai i due non erano in contatto. Ringraziai il giovane religioso per il suo prezioso tempo che aveva voluto concedere alla curiosità di un viaggiatore/turista occidentale, lui mi sorrise e ci separammo.
Il monaco tornò alle sue preghiere mentre io mi allontanavo da quel luogo sacro percorrendo a ritroso la via tra la fitta vegetazione che dalla collinetta scendeva verso la spiaggia ripensando a quella storia di tolleranza, a quegli uomini anonimi e illuminati che in un periodo di guerre e conflitti si sforzarono di contrapporre alla violenza la comprensione e di non rispondere alla forza con la forza, ma inculcando nei loro simili, uomini semplici, il fragile seme della pace.
Oggi, come allora, il loro insegnamento sarebbe ancora attuale e prezioso.