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Quella volta di Pirandello a Praga con il Nobel in valigia

Correva l’anno 1934 quando, nel mese di novembre, l’Accademia Reale di Svezia comunicò a Luigi Pirandello: poeta, scrittore e drammaturgo tra i più grandi letterati italiani di ogni tempo, che sarebbe stato insignito “per il suo coraggio e l’ingegnosa ripresentazione dell’arte drammatica e teatrale”, del più alto riconoscimento al quale uno scrittore possa aspirare: il Nobel per la Letteratura.

Il grande Maestro italiano quell’anno ebbe la meglio sugli altri due candidati al premio, anch’essi due grandi nomi della letteratura mondiale: Paul Valery e G.K. Chesterton. Il premio gli fu consegnato il 10 dicembre a Stoccolma dal re di Svezia in persona nel corso della consueta cerimonia solenne. Per il mondo della cultura italiana e per tutto il Paese fu un grandissimo onore. Qualche mese prima di ricevere la grande notizia, Pirandello aveva preso un impegno con l’Istituto Italiano di Cultura di Praga, allora diretto dallo scrittore e giornalista Giovanni Battista Angioletti, per tenervi una conferenza nel dicembre dello stesso anno. In occasione della visita nella capitale boema del famoso scrittore, il Teatro Nazionale di Praga aveva organizzato per il 19 di quel mese la messa in scena, in presenza dell’autore e in prima assoluta, della sua opera più recente: “Non si sa come”, un dramma in tre atti tradotto in ceco da Václav Jiřina. Alla notizia che il Maestro era stato insignito del Nobel, molti a Praga iniziarono a dubitare che egli avrebbe mantenuto la sua promessa, ma in seguito ad una telefonata, Pirandello fece sapere che avrebbe tenuto fede agli impegni presi e alla parola data.

E così fu. Nonostante i ricevimenti, le tante cerimonie in suo onore, le interviste e la stanchezza accumulata nei giorni trascorsi a Stoccolma, il Maestro partì direttamente in treno dalla capitale svedese alla volta di Praga dove sapeva che lo attendevano giorni altrettanto intensi. Il 1934, anno dell’elezione al quarto mandato di Tomáš Garrigue Masaryk alla Presidenza della Repubblica Cecoslovacca, era stato un anno in cui i rapporti tra l’Italia e la Cecoslovacchia erano stati particolarmente intensi, se si considera anche che, nel giugno di quell’anno, la nazionale di calcio italiana guidata da Vittorio Pozzo aveva battuto a Roma per 2-1, diventando per la prima volta Campione del Mondo, proprio la Cecoslovacchia del ct Karel Petru e della temibile ala sinistra Oldrich Nejedly, nella finale dei Mondiali casalinghi. La visita del Premio Nobel italiano in terra ceca concluse quindi un anno in cui i due paesi avevano interagito particolarmente.

Di quei giorni praghesi di Pirandello ci è rimasta una preziosa testimonianza scritta dalla penna sapiente e vivace dell’allora Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Praga, Angioletti, autore di molte opere di narrativa e saggistica, che ricoprì quella carica dal 1932 al 1935.

Angioletti ci racconta, in un articolo apparso sul n. 8 di “Emporium”, rivista mensile illustrata d’arte e di cultura, datato: agosto 1937, di come il Maestro arrivò in treno da Stoccolma “Una mattina nera e fredda, di quelle solite che in quei paesi annunciano i diurni grigiori”, e di come dal treno scese solo il suo segretario per dire ai presenti che Pirandello li pregava di lasciarlo dormire un poco perché stanchissimo. Il ritratto che Angioletti traccia di Pirandello è quello di un uomo mite, generoso e attento agli altri al punto tale da rammaricarsi più volte, in sua presenza, che a Stoccolma un cameriere addetto al suo servizio fosse stato redarguito dai suoi padroni per aver commesso qualche piccola negligenza nei suoi confronti, e di come il Maestro avesse più volte telegrafato da Praga a Stoccolma per assicurarsi che quel cameriere fosse stato perdonato.

Pirandello conquistò immediatamente i praghesi che avevano già avuto più volte modo di apprezzare le sue opere. Il 12 ottobre 1923 era stata  rappresentata a Praga la “Commedia da fare” tradotta da M.Votrubova-Haunerova e pubblicata dalla casa editrice Zora, mentre nel 1926 la Compagnia di Pirandello, con Marta Abba come prima attrice, era stata in tournée in Cecoslovacchia riscuotendo un grandissimo successo. Molto conosciuti nella Cecoslovacchia dell’epoca erano anche i suoi romanzi e molte altre opere. Ma in quei giorni del dicembre 1934, i praghesi vennero conquistati, oltre che dal grande carisma dello scrittore, soprattutto dalla sua bontà, disponibilità e dai suoi modi cordiali e gentili con tutti, che si allontanavano molto da quegli stereotipi che si attribuiscono normalmente ai personaggi famosi. Fosse anche solo per non dar dispiacere a nessuno, Pirandello si sottopose stoicamente ad un’infinità di incontri, banchetti, discorsi e riti di circostanza che, seppur manifestazione del grande entusiasmo e della grande ammirazione per lo scrittore italiano, provarono molto la sua persona già affaticata dai giorni svedesi. In uno dei suoi ultimi giorni trascorsi in città, Pirandello venne solennemente ricevuto anche al Pen Club di Praga dove si intrattenne in conversazioni con i massimi esponenti della letteratura, del teatro, dell’arte e della scienza del mondo ceco dell’epoca. Angioletti dice che Pirandello era “di quei rarissimi, quasi introvabili uomini che sanno tener conto della sensibilità altrui” e racconta un aneddoto molto interessante e illuminante sulla personalità dello scrittore. Durante le prove per la messa in scena di “Non si sa come” al Narodni Divadlo, l’allestimento in stile astratto e simbolista del palcoscenico che creava un’atmosfera alquanto metafisica e che, secondo il regista ceco, doveva esprimere l’essenza del “pirandellismo”, non convinceva affatto Pirandello che manifestò ai presenti il suo stupore dicendo di considerarsi uno “Scrittore semplice, naturale, che non cerca altro che di rappresentare la vita vera, concreta, di tutti i giorni come la vediamo noi italiani” e che l’ambiente ideale per rappresentare i suoi personaggi è “La casa comune, una casa qualunque; un mondo senza simboli ma da vedere e da toccare, la realtà insomma”. Ciononostante Pirandello non volle dir nulla al regista boemo che avrebbe fatto in tempo a modificare la scenario, rispondendo, a chi insisteva, che il regista avrebbe potuto offendersi o “Rimanerci male”. “Lui le vede così, le cose mie, che volete farci, lasciamogliele vedere così…Pazienza”. Ciascuno a Suo modo, il Maestro applicava anche alla vita le definizioni del suo teatro.

Durante la conferenza che tenne presso l’Istituto italiano di Cultura, all’epoca denominato: “Istituto di Cultura Italiana”, che aveva la sua sede ancora in via Jungmannova 41, allora distretto di Praga 2, Pirandello parlò della sua visione dell’arte narrativa italiana di fronte ad un vasto pubblico di amanti e studiosi della lingua italiana e alla presenza di letterati, politici e importanti personalità del mondo culturale ceco. In quei giorni praghesi Pirandello non ebbe modo di riposare, non si negava mai a nessuno e cercava sempre di nascondere la stanchezza di quelle estenuanti giornate. Si mostrava sempre cortese con tutti, firmava fotografie e dedicava libri in continuazione a chiunque glielo chiedesse, “Come chi debba portare a termine un lavoro necessario”. Con Angioletti, il Maestro si intratteneva spesso in conversazioni sul panorama letterario italiano di quegli anni: “Era severo contro i mestieranti, gli arruffoni, i semplicisti, ma era il primo a riconoscere l’ingegno dove si presentava, soprattutto nei giovani, anche in quelli che non sentiva troppo vicini a lui come idee”.

Dopo la visita a Praga e i giorni intensi trascorsi, Pirandello ripartì alla volta di Roma dove lo attendevano altri numerosi impegni e altri viaggi “Sempre preso- come scriveva Angioletti- dai suoi fantasmi e dagli obblighi impietosi che comporta il vivere nel mondo. Anche in quel destino di dover sempre partire, c’era il segno dell’involontarietà che egli vedeva nella sua propria vita”. Ma quello a Praga fu uno degli ultimi viaggi del grande Maestro che si spense nel 1936 ancora nel pieno del suo vigore artistico e creativo, nella sua casa di Roma, proprio il 10 di dicembre, lo stesso giorno nel quale due anni prima aveva ritirato il Premio Nobel per la Letteratura.

 
 
 
 
 
 
 
Questo articolo di Mauro Ruggiero è stato pubblicato sul numero di luglio-agosto 2012 della rivista: “Progetto Repubblica Ceca”
Le foto sono tratte dalla rivista: “Emporium”, rivista mensile illustrata d’arte e di cultura, n. 8, agosto 1937,
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