Diffamazione e calunnia
Come in molti altri Paesi, la vittima della diffamazione può essere solo un cittadino, non un ente, società o persona giuridica. Inoltre, non diffama chi riferisce un fatto realmente accaduto, per quanto possa comportare una grave offesa alla reputazione della persona.
Nemmeno diffama chi esprime un’opinione basata su fatti veritieri, come stabilito da un’importante decisione della Corte Suprema della Repubblica Ceca riguardante un candidato politico che aveva insegnato alla Scuola Superiore di Economia (VŠE) durante il periodo socialista. In campagna elettorale 2004 fu accusato di aver insegnato “marxismo-leninismo”, mentre in realtà fu docente di economia politica. Avviò causa contro l’autore dell’affermazione, esigendo che pubblicasse una lettera di scusa a mezzo web. Ritenuto che la disciplina in questione fosse in sé parte dell’ideologia marxista, la corte d’appello stabilì che l’affermazione era “sostanzialmente veritiera”, confermando la sconfitta giudiziale del candidato in secondo grado.
(Il caso riguardava la responsabilità civile, non penale, del diffamante.)
Giudici e avvocati definiscono la diffamazione ‘reato di pericolo’. In altre parole, non è necessario, ai fini della
D’altra parte, a dire della Corte Suprema, se Tizio non sa, o non ha ragione di credere, che Caio ha davvero il titolo di avvocato, non c’è diffamazione. In altre parole, il diffamante deve essere consapevole di aver comunicato un falso. Se non lo è, non commette reato. Ne è esempio una decisione della Corte Suprema nel 2003, riguardante il caso di J.V., accusato di aver scritto su un settimanale di Přibram che un tale A.P. era “probabilmente” un agente della polizia segreta StB. Fra i motivi dell’assoluzione, l’accusa non riuscì a dimostrare che J.V. fosse effettivamente consapevole di aver riportato un falso (NS 5 Tdo 83/2003).
Massimiliano Pastore
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