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La seconda ‘‘rivoluzione’’ scientifica e lo Zeitgeist del `900

Agli inizi del secolo scorso, una impressionante serie di scoperte scientifiche spinse la comunità dei fisici a riformulare i principi fondanti del pensiero scientifico, ovvero il modo stesso di guardare ai fenomeni naturali e di interpretarli.  Questo non è di per sé sorprendente. È, infatti, una eventualità connaturata al metodo di indagine scientifica che ha tre componenti strutturali (di seguito (E) = Esperimenti, (M) = Matematica):

(E) I principi: Poche regole basilari  (ad esempio, il principio di inerzia, la conservazione dell’energia, il principio di relatività, le proprietà di simmetria dello spazio e del tempo) la cui unica fondatezza accettabile è la prova sperimentale. Ciò nonostante, lo schema di pensiero che genera tali principi implicitamente contiene quelli che potremmo chiamare ‘‘gli effetti dello Zeitgeist’’, ovvero pre-giudizi, le cui radici risiedono in una visione del mondo complessiva (che spesso è stata la visione religiosa, come testimonia la stessa vicenda di Galieo Galilei).

(M) La teoria: Costruzione logica coerente che, assumendo veri i principi, su questi impianta una serie di deduzioni, e dà così una spiegazione (di determinati aspetti) dei fenomeni naturali in termini di entità, e di modelli astratti. Esempi di questo sono il concetto astratto di punto materiale, e il suo uso nei modelli del sistema solare, oppure, le astratte particelle virtuali, e il loro uso nei modelli di interazione subnucleare.

 (E) La predittività: ‘‘Non importa se nell’immaginarvi il mondo arriviate a postulare entità astratte del tutto lontane dalla realtà, quel che conta è che con quelle entità riusciate a scrivere delle equazioni, che spieghino i fatti sperimentali, e ne prevedano di nuovi’’.  All’incirca così si è espresso Paul Dirac, negli anni ’30, spiegando il mestiere del fisico teorico a dei giovani studenti di Cambridge.

Quindi, al pensiero scientifico si accompagna sempre l’assenza dell’assoluto. Non c’è verità, ma verità di una asserzione teorica, o di un risultato sperimentale dati i principi, dato lo sviluppo logico che ne abbiamo dedotto, e date le approssimazioni sperimentali.

Nei primi trent’anni del ‘900 i fondatori della teoria relatività (speciale e generale), e della teoria quantistica, hanno semplicemente fatto il loro mestiere. Quello stesso mestiere cominciato quattro secoli prima da Galileo Galilei (che avviò quella che viene comunemente chiamata la ‘‘prima rivoluzione scientifica’’), e che è rimasto, in questo, immutato fino ai nostri giorni. Quei pionieri di inizio secolo scorso  hanno scoperto dei fenomeni, di cui prima non si era a conoscenza, e ne hanno dato la spiegazione scientifica, secondo il metodo di cui sopra.  La rivoluzione, in entrambi i casi, nel ‘900 e nel ‘500, risiede nel fatto che per dare tale spiegazione è necessario modificare i principi, e quindi bisogna intervenire sulla visione complessiva del mondo, ovvero su quei pre-giudizi, basati sullo Zeitgeist. Ed è quest’ultimo fenomeno (culturale) che ha avuto l’impatto epocale che riguarda tutti i settori del sapere, dell’arte e della vita quotidiana.

L’ovvio impatto sulla tecnica è di natura diversa perché diretto, anche se a sua volta la tecnica è stata portatrice di un grande effetto su arte e letteratura, che è parallelo all’effetto originario derivante dalle teorie relativistica e quantistica.

La grande lezione che si impara, quindi, è che, anche se onestamente vogliamo che siano i fatti (gli esperimenti) a rispondere alle domande che ci facciamo, i grandi cambiamenti arrivano spesso da risposte a domande che non ci saremmo mai fatti, perché non ritenevamo che quella fosse materia da dibattere…

Ma su cosa, in particolare, abbiamo dovuto ricrederci agli inizi del ‘900? Su due cose, innanzitutto:

1.     Il ruolo del tempo nei fenomeni fisici, che sempre pensato assoluto (ovvero, non dipendente dal sistema di riferimento), si scopre essere ad anch’esso, come la posizione, relativo. Questo è quanto elaborato nella relatività speciale, e poi generale.

2.     La descrizione dello stato di un sistema fisico, fino ad allora ancorata alla conoscenza di un insieme di coordinate e velocità, quindi alla possibilita’ di determinare traiettorie, si scopre essere in realta’ data da una densità di probabilità. Questo è quanto elaborato nella meccanica quantistica.  Si noti che la (famosa) indeterminazione è relativa alla descrizione dello stato del sistema in termini delle coordinate e velocità, ed è questa la descrizione che viene abbandonata.

Di questi argomenti è stato scritto abbondantemente, quello che vorrei enfatizzare qui è che entrambi questi assunti non erano esplicitamente parte dei principi. Essi erano, invece, parte di quei pre-giudizi, generati dalla visione complessiva del mondo, e quindi erano ancora più difficili da cambiare, perché non si offrivano esplicitamente alla luce della prova (o confutazione) sperimentale. Semplicemente, non erano in discussione.

La letteratura e l’arte hanno preso, anch’esse, un cammino analogo in quegli anni, ed hanno cominciato a  rappresentare il mondo mettendo in discussione l’occhio che guardava, ovvero principi e convinzioni profonde, mai messe in discussione prima. Questi cambiamenti di quadro di riferimento sono accaduti altre volte nella storia della letteratura e dell’arte, un esempio su tutti l’Umanesimo e il Rinascimento, che, ancora una volta, coincidono con una ‘‘rivoluzione’’ scientifica.

Il punto chiave è capire che tipo di correlazione esista tra stravolgimenti nell’un campo del sapere e nell’altro (non c’è infatti alcun dubbio che letteratura e arte siano parte del nostro modo ci conoscere il mondo).

Per stare al caso nostro, ovvero relatività, meccanica quantistica e il ‘900 letterario e artistico, vorrei illustrare il mio punto di vista stando ad un esempio concreto (e praghese): Franz Kafka. Kafka è vissuto tra il 1883 e il 1924, cioè gli anni dell’avvio del cambiamento di cui stiamo parlando. Innanzitutto, il grande scrittore ceco accentra in sè una notevole serie di elementi, diciamo, ambientali dello Zeitgeist: è un ebreo, di lingua tedesca, radicato nella Mitteleuropa. Da quest’area del mondo, in quegli anni, parte la ‘‘rivoluzione’’ scientifica: Einstein, Schroedinger, Heisenberg, Pauli (per la fisica) e Hilbert, Noether, Weyl, Goedel (per la matematica), per citarne solo alcuni. Kafka, nella sua opera, rappresenta il mondo con principi che si rendono o inintelligibili (Il Processo), o lontani e irragiungibili (Il messaggio dell’Imperatore) , e che quindi si tengono in una zona di poca presa diretta sull’uomo, oppure che si incarnano in forme mostruose (La metamorfosi). Quindi, in Kafka, i principi o ci sono, e si rendono sfumati e mutevoli (quindi, nella visione kafkiana, inquietanti), oppure, quando sono evidenti, generano mostri, come il Gregorio Samsa della Metamorfosi.

Nel racconto breve ‘‘Una confusione che succede ogni giorno’’ (in italiano nella raccolta ‘‘Il messaggio dell’Imperatore’’, pubblicata da Adelphi), si narra di due signori che hanno un appuntamento, ma che non si incontrano mai perché il nesso temporale tra gli eventi (uscire di casa, fare la medesima strada, e arrivare alla casa dell’altro) è distorto (un richiamo evidente al tempo non più assoluto di Einstein). Un’altra lettura del racconto è che i due signori vivono le loro storie contemporaneamente, ma parallelamente, ed entrambe le storie hanno ugual importanza, nessuna potendo imporsi sull’altra, un’idea, questa delle ‘‘storie’’ tutte equi-importanti, cara a chi studia la fisica quantistica secondo un approccio, inventato anni dopo Kafka, da Richard Feynman.

 Kafka viveva nella Mittleuropa, negli anni in cui questa produceva questi profondi cambiamenti di pensiero, a cui abbiamo accennato. Ed ha conosciuto Einstein, come ricordato da una targa su un palazzo della piazza della Città Vecchia di Praga. Allora, la domanda è: Kafka ha studiato la scienza dell’epoca, e l’ha usata per la sua rappresentazione del mondo? Oppure, lo Zeitgeist stava cambiando intorno, e dentro, di lui perché la scienza aveva messo in moto quella ‘‘rivoluzione’’, e Kafka la registra con il suo strumento, che è la scrittura?  Oppure, Kafka arriva col suo strumento di indagine, la scrittura, a conoscere un altro aspetto del nuovo (il tempo non più assoluto, i diversi punti di vista che coesistono, etc), e quindi anche lui, insieme ad altri ‘‘umanisti’’, contribuisce a cambiare lo Zeitgeist, e quindi, indirettamente, a influenzare a sua volta lo sviluppo scientifico? E in questa ultima ottica, potremmo ben dire che anche Einstein ha conosciuto Kafka…

 Un aspetto importante è quello relativo all’inquietudine che ha generato in Kafka questa conoscenza, qualunque sia stata la strada percorsa per arrivarci. L’inquietudine che permea l’assurdo dei suoi scritti. Ma l’assurdo, per definizione, è sempre rispetto ad una data logica, e spesso indica un livello logico superiore, a cui bisognerebbe arrivare per sciogliere il paradosso. Ma può ben darsi che, in quel momento storico, non ci fossero ancora gli strumenti per farlo (pensate al paradosso di Zenone e alla sua soluzione avvenuta… venti secoli più tardi!), oppure il ‘‘linguaggio’’ utilizzato non era quello adatto alla soluzione (difficile dipingere il paradosso dei gemelli, ma impossibile scrivere l’equazione della Guernica di Picasso), oppure, date le condizioni aberranti della storia del tempo (pochi anni dopo la sua morte il quartiere di Praga dove Kafka visse, Josefov, divenne teatro di un massacro senza precedenti, quello degli ebrei da parte dei nazisti), il paradosso puntava ad una soluzione tragica nella sfera storica.

Per chiudere, lasciatemi fare un altro esempio, più recente, che lega la letteratura alla scienza. Mi riferisco a Italo Calvino, che viene molto dopo Kafka (1923-1985). Quella Mittleuropa è scomparsa con effetti devastanti (forse presentiti da Kafka?) ma la ‘‘rivoluzione’’ scientifica è andata ancora più avanti. Calvino legge e sa di scienza, e usa questa conoscenza nella sua rappresentazione del mondo, come lui stesso ammette apertamente. La perdita di orientamento di Kafka adesso non ha più senso. Calvino vive un tempo che ha assimilato il colpo della ‘‘rivoluzione’’, ed ha una visione del mondo più ironica, sorridente, positiva, rispetto a quella di Kafka. Il suo rapporto con la scienza è sicuramente diretto, e gli effetti sulla sua scrittura sono più solari e gioiosi. La transizione dal vecchio Zeitgeist, al nuovo è avvenuta, e si è completata. L’orientamento è riacquistato, e del nuovo Zeitgeist si scoprono le innumerevoli nuove possibilità. Così lo scrittore si cimenta con queste, prende quelle nuove strade, e affronta quelle nuove dimensioni.

Gli esempi sono innumerevoli e permeano molta della letteratura di Calvino, ma quello che vorrei ricordare è il romanzo-delle-storie-parallele, ‘‘Se una notte d’inverno un viaggiatore…’’, di cui riporto i titoli dei capitoli ‘‘incipit’’, che sono intermezzati dai capitoli dove il Lettore e la Lettrice portano avanti la storia-delle-storie:

1.     Fuori dall’abitato di Malbork

2.     sporgendosi dalla costa scoscesa

3.     senza temere il vento e la vertigine

4.     guarda in basso dove l’ombra si addensa

5.     in una rete di linee che s’allacciano

6.     in una rete di linee che s’intersecano

7.     sul tappeto di foglie illuminato dalla luna

8.     intorno a una fossa vuota

9.     Quale storia laggiù attende la fine?

Le lettura che ne è stata data, anche da Calvino stesso, è quella del metaromanzo, che sicuramente è. Ma mi azzardo a darne un’altra, ovvero che sia una versione letteraria delle storie equiprobabili della meccanica quantistica alla Feynman.

Lezione del 20 ottobre 2008 alla Marymount International School of Rome

RIFERIMENTI:

Erwin Schroedinger, L’immagine del mondo, Bollati Boringhieri

Roger Penrose, La strada che porta alla realtà, Rizzoli

Franz Kafka, Il messaggio dell’imperatore, Adelphi

Italo Calvino, Se una notte d’inverno un viaggiatore, Mondadori

ALFREDO IORIO

Professore associato di fisica teorica all’Universita Carlo IV di Praga. Laureato in fisica a Salerno consegue il dottorato (PhD) in fisica teorica presso la School of Mathematics del Trinity College Dublin in Irlanda e successivamente lavora come ”Bruno Rossi research Fellow” presso il Center for Theoretical Physics del M.I.T. di Boston negli USA.

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