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Jan Maruna, una vita per la poesia

Quando vidi Jan Maruna per la prima volta, rimasi per un attimo turbato dalla sua presenza fisica: un gigante dalla corporatura robusta con braccia possenti che terminavano in due grandi mani, ma il  suo sguardo e il colore dei suoi occhi rivelavano la sua natura di gigante buono;  uno di quegli esseri votati al bene che popolano le fiabe e la mitologia Slave.  Si presentò e si sedette davanti a me. Mi disse che amava la lingua italiana e che avrebbe voluto che io traducessi per lui in questa lingua alcune sue poesie. Un conoscente comune gli aveva parlato di me. Lì per lì rimasi perplesso e gli dissi che il mio ceco non era sufficiente da potermi permettere di tradurre poesia. Parlare il ceco è difficile, tradurre dal ceco è molto difficile, tradurre poesia è un incubo anche per il traduttore più esperto. Gli manifestai questa mia perplessità, ma Jan non volle sentire ragioni. Per un motivo che mi svelò soltanto molto tempo dopo, voleva che fossi io a tradurre le sue poesie. Mi lasciò un manoscritto, mi sorrise e uscì dalla biblioteca dove eravamo evitando, con movenze  impacciate, ma non prive di  un certa grazia, di urtare lo stipite della porta dove entrava a fatica.

Nei giorni seguenti mi cimentai con il lavoro che si rivelò molto più arduo del previsto, ma che, seppur con molto fatica e con un risultato che non mi soddisfece pienamente, portai a termine con l’aiuto provvidenziale di una mia cara amica madrelingua ceca.  A Maruna il lavoro piacque molto e da quel momento nacque tra noi una solida e sincera amicizia che ci ha portati a collaborare in molte altre occasioni dandomi così l’occasione di conoscere una persona veramente straordinaria.

Che Jan Maruna fosse un poeta, e uno di quelli molto particolari, lo capii subito, ma egli non è un semplice poeta, bensì uno di quelli, oggi molto rari, che consacrano tutta la loro esistenza alla poesia e alla scrittura; di quelli che rendono ogni loro azione quotidiana, per quanto apparentemente semplice, in qualche modo, poetica.

Jan Maruna, classe 1949, vive a Hlinice  e qui, in questo paesino di poche anime vicino a Tábor, dopo molti anni di lavoro nelle ferrovie, trascorre il tempo prendendosi cura del suo mastino tibetano, raccogliendo erbe medicinali, ma soprattutto scrivendo.

Jan non è uno di quelli che non frequentano i salotti letterari e non si è mai posto il problema di essere o meno noto al grande pubblico, ciononostante  ha composto e dato alle stampe fino a questo momento circa quarantatre opere tra antologie poetiche, opere in prosa, saggi e romanzi. Ha vinto numerosi premi di poesia sia in Italia che in Repubblica Ceca e ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali;  alcune delle sue opere sono state tradotte in italiano e in inglese e sue interviste sono reperibili sul web. Jan è membro dell’Accademia degli Scrittori Cechi e i suoi manoscritti sono conservati presso il Museo Ceco della Letteratura.

La sua poetica è complessa: ricca di simboli e allegorie; la sua poesia un’introspezione profonda che ricerca nell’animo umano le connessioni tra microcosmo e macrocosmo e l’orizzonte di luce al confine dell’esperienza terrena;

 

                                         

Avrò sete

Dalle poesie,

dai pensieri

apro uno spiraglio sull’anima,

con esso scopro il bagliore del camino,

benefico in questo momento,

perché sul corpo si senta il calore

quando l’anima mi si raffredderà

e io avrò sete

di parole

di poesia.

 

In questi versi la poesia è intesa come strumento di comprensione e interpretazione della realtà nella sua complessità, non limitata soltanto alla sfera del sensibile, e al tempo stesso come una porta oltre la quale si schiude una dimensione superiore e completa:

 

Lontano

Vorrei avere con la poesia

un  rapporto più profondo,

toccarla nell’intimo

perché non mi abbandoni

nei suoi abissi

senza dirmi niente.

Perché non finisca le parole

quando mi fermerò

a metà del libro,

e ovunque intorno a me

sarà lontano…

 

Il poeta, nella concezione di Maruna, è un veggente, il risvegliato e l’iniziato capace di comprendere le leggi nascoste delle cose; egli è un folle o un ingenuo agli occhi della società contemporanea, perché il suo dono non ha un valore di mercato, ma questo gli permette di pervenire a uno stato di saggezza superiore, così come si può vedere nella poesia: “Parola”

 

Parola

 Il poeta deve vivere

nelle piogge in arrivo

e per primo giungere tra le loro mani

perché da sé tragga in superficie la verità.

È ridicola… perché non è vendibile.

Quando i suoi pensieri penetreranno

la superficie delle cose,

non avranno senso

le parole: stupidità,

vanità e cattiveria.

 

Agli occhi del poeta tutto ha un senso, anche le cose più banali e quotidiane perché egli è capace di mettere ogni cosa singola in relazione al Tutto universale che ci circonda e di cui ogni cose è parte:

 

La sedia

In casa ho una sedia

di legno buono.

Qualcuno direbbe che è inutile,

che adesso è fuori moda,

e poi, di che secolo sarebbe?

Non è poi così antica,

né fatta di madreperla.

In fondo alla sua anima sento il vento,

ci sono in lei i pini

e un grande tempio

del sole.

 

Anche l’amore, la natura e la musica sono temi molto presenti nella poetica di Maruna, ma questi non sono mai trattati in modo banale o retorico e trascendono sempre la dimensione puramente personale del poeta per aprirsi, per quanto possibile, a una comprensione sempre più oggettiva

Con la pioggia

 Dietro la finestra

un temporale tesse sensazioni,

raffredda sulla guancia il giorno appena nato.

Allungherai le mani,

e i baci  delle gocce

ti scivoleranno sui palmi

e poi oltre…

Ci fermeremo nudi

nei loro corpi

e ci accarezzeremo e vestiremo

con la pioggia

primigenia.

 

Carenza

C’è carenza

di miracoli in noi

per poter comprendere il cammino

delle gocce di pioggia sul volto,

i movimenti degli uccelli nelle altezze vertiginose

quando sulle ali portano tutto il cielo

e un frammento del nostro cuore.

 

         

Ho posto a Jan alcune domande, di quelle classiche; canoniche… Lasciamo che siano le sue stesse parole e i suoi versi a presentarci la sua visione delle cose; il mondo agli occhi di un poeta.

 

Jan, cosa è per te la poesia?
La poesia per me è vita, è come ritrovare la primavera dopo un lungo viaggio. La poesia è toccare la vita e amarla insieme a tutte le altre persone, soprattutto quelle a noi più prossime e che sono sempre lo specchio di noi stessi. La poesia per me è una questione di cuore, quando scrivo io vivo solo per lei e tramite di essa riesco a toccare tutte le verità, anche quelle scomode. La poesia per me è l’occhio che mi permette di vedere il mondo così com’è e cercare di modificarlo. E’ la mia vita, la vita a modo mio. La poesia mi conduce per mano e mi fa scorgere lì dove gli altri non possono sapere e non possono vedere che la realtà vera è fatta di cose molto più elevate rispetto a quanto non si pensi. La poesia è il mio respiro, senza di lei non potrei vedere il meraviglioso mondo che ci circonda.

Nella tue poesie citi spesso gli alberi, che significato hanno questi per te?
Gli alberi sono per me dei grandi maestri, mi permettono di entrare in contatto con qualcosa di sostanziale che normalmente le persone dimenticano.  Essi soffrono come noi soffriamo, ma in un modo diverso … Credo che anche essi abbiano un proprio fine ultimo. Sarebbe ingiusto se le cose stessero diversamente. Senza gli alberi morirebbe tutto il mio concetto di vita. Essi hanno raggiunto una certa saggezza insieme al nostro pianeta. Senza il loro dolore, i loro fiori e i loro “sorrisi”, non ci sarebbe poesia. Gli alberi sono la cattedrale  che custodisco nelle mie preghiere perché  il mondo sia più giusto e sensibile verso i più deboli. Tra i miei preferiti vi sono gli alberi di pino, l’abete rosso e l’ulivo. In essi è possibile vedere il dolore; in noi esseri umani il dolore non è così visibile come lo è in essi. Senza gli alberi, senza la musica che essi esalano, morirei. Gli alberi sono mia madre e mio padre. Mi aiutano a navigare nell’oceano della vita.

Anche la musica appare spesso nelle tue poesie, cosa vuoi dire?
La musica è per me una madre che scende dal cielo, che mi sfiora e mi accarezza. Mi libera dalle radici che mi legano, dalla confusione e mi fa dimenticare il dolore del mondo. Mi affascinano la sensualità e l’umanità della musica, come essa possa amare con passione e al tempo stesso colpire intensamente. Essa rivela la mia vera essenza, mi educa… Amo la musica per pianoforte di Franz List, Johann Sebastian Bach e di altri maestri. Con la musica scrivo più facilmente; la sua libertà mi fa dimenticare quello che vivo nel mondo. La musica è portatrice di sogni, ma mi mostra il mondo reale, che spesso non vogliono vedere, perché non lo capiremmo; con essa io lo comprendo. La musica è come la mia famiglia in cui vive il mio mondo poetico.

 

Il gioco

 La musica

è per me un carro solare;

una corda rotta ai confini della parola,

quando tira intorno a me il carro delle Muse

senza che nessuna mi sfiori

perché non merito

di vivere nel loro sogno

e criticare la verità

per il suo gioco strano

 

 La musica

La musica è

la radice dell’albero.

Si incarna nei violini

per solcare

il fiume del sentire

fino all’anima del Creatore,

per poi fondersi in superficie

in pura parola.

E noi diventare i portatori

di una provvidenziale pioggia.

 

Da dove trai ispirazione per le tue poesie?
Per le mie poesie traggo ispirazione dalla vita. Essa viene a me da sola, non devo cercarla o attirarla. Mi viene dalle persone intorno a me, dalle loro difficoltà, dai loro desideri di verità di amore e comprensione. Amo la gente, in modo sincero. Le persone portano in sé il dolore, la debolezza, l’errore, ma anche la saggezza capace del perdono e della comprensione. Le persone sono preziose e le ringrazio per l’ispirazione che mi danno. L’ispirazione la traggo ancora dagli alberi e dalla musica, come ho già detto, ma anche dal sole e dalla luna. L’ispirazione spesso mi conduce per mano nelle sue acque profonde dove io mi disseto.

Le poesie riportate sono tratte da:

La città degli angeli e altri sogni. Tribun EU: Brno 2011

Dal taglio, Tribun EU: Brno 2010

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