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Il comportamento giapponese

In questo articolo vi vorrei parlare delle motivazioni del comportamento giapponese. Tra gli europei che sono stati in Giappone o che lavorano con i giapponesi incontro spesso due differenti reazioni nei confronti di questo Paese. La prima è di puro entusiasmo, non solo a causa della bellezza del patrimonio culturale giapponese, dei giardini zen e delle geishe, ma anche nei confronti del comportamento molto educato e gentile che i giapponesi hanno verso gli stranieri. Eccovi un paio di pratici esempi: una mia amica, durante una sua visita ad un tempio in Giappone, dimenticò sul posto la sua costosa macchina fotografica. Tornata al tempio, dopo 2 ore, vi trovò un gruppetto di quattro donne giapponesi ad attenta guardia della macchina fotografica per poterla restituire intatta alla misteriosa straniera che l’aveva scordata. Se l’amica non fosse tornata a riprendere la macchina fotografica, forse quelle donne starebbero ancora lì sedute ad aspettarla…

 Un giorno, durante il mio primo viaggio in Giappone al tempo in cui ancora non sapevo parlare la lingua, non riuscivo a trovare una stazione della metropolitana quando una signora giapponese molto anziana che non sapeva una sola parola d’inglese, alla mia supplica “stazione di Shinjuku”, senza aprire bocca, mi portò al mio lontano obiettivo a circa 2 km di distanza. Mi fece poi un profondo inchino e se ne andò. Il secondo tipo di reazione verso il Giappone lo definirei “di mite imbarazzo e disprezzo”. Questa reazione si manifesta principalmente negli stranieri che dei giapponesi hanno bisogno o si aspettano qualcosa di concreto. Agli occhi degli europei i giapponesi si comportano in maniera ambigua ed il loro atteggiamento può apparire superficiale ed ipocrita. Questo può essere dimostrato con un semplice esempio. Quando un europeo fa visita ad un altro europeo e si avvicina l’ora di cena, il padrone di casa, con molta probabilità offrirà al suo ospite di cenare con lui e l’offerta sarà sincera. Se gli ospiti europei avranno fame, accetteranno l’invito con gratitudine e, se fame non hanno, risponderanno semplicemente che rigranziano, ma non hanno appetito. In Giappone è abbastanza normale che il padrone di casa debba chiedere “sarai così gentile da accettare il mio invito a cena?” e l’ospite deve rispondere automaticamente con “sono molto grato, ma non ho fame.” In altre parole, entrambe le parti sanno cosa dire in questa situazione e sanno come comportarsi al fine di mantenere l’armonia generale chiamata “wa”. Gran parte delle conversazioni giapponesi si ripetono quindi in realtà quasi identiche perché tutti sanno che cosa cosa devono dire. Nell’ambito del comportamento sociale i giapponesi distinguono due principi base: “honne” (veri sentimenti) e “tatemae” (cosiddetta “verità dietro il muro” o “facciata che nasconde i veri sentimenti”). Il primo principio di comportamento si ha quando i giapponesi danno precedenza alle emozioni reali. Si applica solo a situazioni molto personali, soprattutto nella cerchia familiare. Il secondo principio si applica invece agli amici, all’ambiente lavorativo e a molti altri gruppi sociali. La tatemae viene comunemente utilizzata nella società giapponese come “catalizzatore di atmosfera armoniosa”.

 Ci sono molte situazioni in cui l’armonia ha maggiore importanza della situazione generale, dei sentimenti individuali o delle esigenze. La mia amica giapponese Yui è una violinista e, nel corso dei tre anni trascorsi a Praga, ha partecipato con la sua orchestra a svariati concerti a Praga e dintorni. Capisco che i fiori di solito vengono portati solo alle grandi stelle della musica e la mia amica, che suona il secondo violino, non è una stella, ma, siccome le voglio bene, le ho portato un fiore dopo un concerto e le ho detto che per me lei era la migliore. Lei ha riso e sembrava felice di ricevere questa attenzione inaspettata. Ieri, invece, sono stata per la prima volta ad un suo concerto in Giappone e dopo averla aspettata all’uscita del teatro, con un sorriso, le ho dato un mazzo di fiori. La mia amica è impallidita e, sussurrando, mi ha detto che in quell’occasione i fiori sono fuori luogo e che si sente in imbarazzo. Avrebbe potuto essere vista dalla sua amica che suona il triangolo e che non ha ricevuto alcun fiore. Tatemae.

 Dopo la cerimonia del tè, la mia madrina giapponese ha detto alla famiglia di aver avuto un tale dolore ad un ginocchio d’aver avuto voglia di piangere quando invece, a giudicare dalla sua espressione, per l’intera durata dell’evento, io ho creduto che si godesse la cerimonia. Tatemae. Yui è stata invitata al matrimonio di una sua amica e, al momento, Yui guadagna con il lavoro con l’orchestra solo 6000 corone (circa 240 euro) ed il contributo obbligatorio per il regalo di nozze era proprio di 6000 corone. Yui ha contribuito con l’intero importo ed ha anche suonato il violino durante la cerimonia nuziale per donarle un’atmosfera piacevole. Alle fine non aveva i soldi per l’autobus per tornare a casa. Tatemae. Ma tatemae è solo superficialità e ipocrisia? Nella concezione europea senza dubbio lo è. In Europa (ragionevolmente) la genuina espressione dei propri sentimenti è parte della sana integrità psicologica di una persona. Ma nel mondo giapponese tatemae è qualcosa che si dà per scontato, qualcosa che fa parte delle buone maniere e questo probabilmente rimarrà per sempre una solida convinzione del popolo giapponese.

di Michala Škrábová

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