Negli ultimi anni numerosi studiosi hanno messo in luce il rapporto stretto che esiste tra arte moderna ed esoterismo, e più in generale hanno dimostrato come il misticismo e il pensiero esoterico siano caratteristiche specifiche di una parte importante della cultura moderna e contemporanea. Se a una prima analisi queste conclusioni possono apparire paradossali, in una società che si fonda su principi razionali e meccanicistici e che si trova in uno stato di secolarizzazione particolarmente avanzato, a uno studio appena più approfondito risulta invece evidente che una parte considerevole della cultura moderna abbia nella propria essenza una componente importante di quello che spesso impropriamente viene definito “irrazionalismo” e di misticismo.
È noto che molti artisti delle avanguardie, ma non solo, a cavallo tra XIX e XX secolo subirono il fascino dell’occulto, basti citare gli interessi teosofici di Kandinskij e Mondrian; le inclinazioni occultiste di pittori e scrittori futuristi come i fratelli Corradini; il dadaista ed esoterista Julius Evola… Tutti esempi che testimoniano come l’arte moderna, caratterizzata dalla tendenza a un’astrazione sempre più forte e da una dichiarata ostilità verso ogni forma di realismo, abbia radici che affondano non solo nell’irrazionalismo, ma anche nella secolare tradizione esoterica, da sempre parte integrante della cultura occidentale.
Ritenuti entrambi strumenti privilegiati di comprensione della realtà e di indagine interiore, l’arte e l’esoterismo camminano di pari passo fin dalla più remota antichità, e se la prima ha attinto dalla tradizione esoterica temi e motivi propri di questa, la cultura esoterica, al tempo stesso, ha trovato nell’arte una delle forme – se non quella per eccellenza – di espressione privilegiata per veicolare nella società insegnamenti ritenuti iniziatici e simboli che ne testimoniano la vitalità in ogni tempo e luogo del mondo.
Enrico Magnani, fisico nucleare (e quindi indagatore prima di tutto della materia), ha sentito ad un certo momento della sua ricerca l’esigenza di servirsi dell’arte per poter procedere in quei sentieri angusti della conoscenza dove la speculazione puramente razionale non basta, ed è quindi necessario attingere anche all’emozione, a quell’intuizione non irrazionale, ma “diversamente razionale” che solo l’arte, a un certo livello di sviluppo, permette di esprimere nel suo linguaggio che oltrepassa i limiti della logica e del pensiero positivo.
La ricerca artistica di Enrico Magnani sottintende una concezione mistico-occultista della realtà, e la presenza dei simboli propri della Tradizione distinguibili chiaramente nelle sue opere non è accessoria, o frutto di una moda alla quale l’artista ha aderito, ma una modalità emozionale necessaria al fine di raggiungere uno stato superiore di coscienza e, di conseguenza, un livello più elevato di conoscenza, oltre che l’unico modo per trasmetterla a chi questi simboli è in grado di com-prenderli.
Spesso la ricerca artistica di Magnani viene paragonata ad un’alchimia in pittura, una trasposizione del lavoro degli antichi alchimisti (che nella sua fase “pratica” non era molto dissimile da quello dei fisici nucleari odierni) dall’Athanor alla tela del pittore. Ciò è certamente giusto, ma quale sarebbe l’Oro filosofale al quale l’artista aspira? L’elisir di lunga vita e il compimento della Grande Opera raggiungibile attraverso la combinazione degli elementi e dei colori in un quadro o il modellare la materia in una scultura?
Questo “Oro dei filosofi”, e fine ultimo della ricerca di Magnani, è il raggiungimento di quella che qualcuno ha definito: “Arte oggettiva”.
L’arte per Magnani è una via di conoscenza, così come lo è la scienza. Essa, proprio in quanto via di conoscenza, rivela misteri e si relaziona necessariamente con la sfera dell’ignoto, con ciò che ancora sfugge alla comprensione limitata che nello stato ordinario l’essere umano ha dell’universo. Lungi dall’essere imitativa, l’arte di Magnani tende ad andare oltre la riproduzione meccanica della natura, o la rappresentazione solipsistica dell’interiorità dell’artista. Egli, con un lavoro cosciente e conscio delle profonde connessioni esistenti tra microcosmo e macrocosmo, tra uomo e universo, aspira a raggiungere nelle sue opere quel “qualcosa”, difficile da descrivere con parole, che era comune alle grandi opere d’arte della remota antichità, e di cui non v’è più traccia in nessuna delle opere artistiche contemporanee. L’arte di Magnani tende a superare la soggettività dell’artista, quella soggettività tipica della cultura contemporanea in cui il pittore percepisce soggettivamente una sensazione e cerca di esprimerla attraverso l’utilizzo di forme altrettanto soggettive. E al tempo stesso vuole andare oltre anche la soggettività del fruitore dell’opera, oltre cioè quella percezione individuale che gli spettatori hanno di queste forme.
Il fine di Magnani è il superamento di quel livello di arte in cui tutto è arbitrario e accidentale, tutto è basato sulle associazioni e le impressioni dell’artista percepite in modo soggettivo dai singoli spettatori. Nell’arte soggettiva, caratteristica propria della produzione artistica contemporanea, tutto dipende dai processi associativi dell’artista e del fruitore e, pertanto, il risultato è relativo, diverso cioè a seconda delle associazioni fatte da ciascuno. Tutto è accidentale, l’artista non crea in modo consapevole, ma meccanico, ed è in balìa di idee, di pensieri e di umori che egli stesso non comprende pienamente e sui quali non ha il minimo controllo.
Magnani tende e aspira a realizzare un altro tipo di arte, un tipo di arte che ha le caratteristiche, come abbiamo detto, di certa arte antica; un’arte che è creazione completamente cosciente, frutto di un livello di essere e di coscienza superiori, capaci di aprire le porte di una conoscenza non ordinaria. È Magnani stesso a dire che le sue opere “sono pensate sempre consapevolmente, e anche quegli elementi legati al caso come il dripping, i lanci di colore o i cretti (che si spezzano dove vogliono loro), sono sempre il frutto di una scelta correlata al contesto compositivo: ad esempio il bisogno del caos così come il bisogno del colore rosso o di un simbolo in un certo spazio preciso della composizione. Anche il caso, quindi, fa parte di un progetto superiore che lo include”.
In questa Arte oggettiva che Magnani vuole raggiungere, nulla è veramente accidentale, tutto è voluto, tutto può essere definito e il pittore è completamente conscio del messaggio che vuole trasmettere la sua opera, un messaggio che produrrà sempre con certezza rigorosa la stessa impressione in tutti coloro che sono in grado di comprenderla. Questa arte si rivolge all’emozione dell’essere umano, un’emozione superiore, non ordinaria, e non solo alla sua sfera prettamente razionale. La comprensione di quest’arte deve essere necessariamente una comprensione emozionale. Questo tipo di arte “cosciente” ha come fine l’accrescimento della conoscenza attraverso una comprensione emozionale di essa. Questa arte è capace di veicolare emozioni, idee e verità attraverso un linguaggio universale di simboli, archetipi di una conoscenza superiore, forse retaggio di un’età perduta o forse seme di potenzialità umane latenti che giacciono da qualche parte, assopite, in quell’affascinante labirinto ancora in parte sconosciuto che è la mente umana.