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Anagrammando. ENIGMisticA della semantica, cabala e politica italiana, dalle origini ai nostri giorni

Il termine “anagramma” deriva dalle parole greche ana, che vuol dire letteralmente, “sopra”, ma che può significare anche “indietro”, “in senso inverso”,  e  gramma, che significa invece “lettera”, termine questo a sua volta derivato da graphein, “scrivere”. Generalmente esso viene definito come il risultato della trasposizione delle lettere contenute in una parola, in modo tale da formarne altre aventi senso compiuto. Degno di attenzione è il fatto che, molto spesso, il significato delle parole risultanti da tale operazione è affine a quello della parola originaria, ma altrettanto spesso, esso può indicare l’esatto contrario generando così interessanti associazioni sia nel primo caso che nel secondo.

Lo studio e la costruzione degli anagrammi non è solo un divertente giochino da settimana enigmistica, ma vanta un’antica tradizione profondamente legata al mondo magico – esoterico e religioso di cui l’origine non è del tutto certa. Tale pratica era già nota presso gli antichi Greci e i Romani ma si diffuse maggiormente nel medioevo e nel rinascimento, periodi, soprattutto quest’ultimo, di grande sviluppo e diffusione delle scienze occulte. L’anagramma era molto usato dai Cabalisti del tardo medioevo i quali elaborarono una teoria di meditazione conosciuta come Il Sentiero dei Nomi. Secondo tale teoria il testo della rivelazione, in quanto scritto direttamente da Dio, doveva essere perfetto in tutto e per tutto  e, pertanto, la Bibbia doveva contenere in sé la risposta ad ogni interrogativo riguardante non soltanto le problematiche teologiche, ma anche quelle concernenti il sapere scientifico e naturale. La non apparente evidenza di tali verità contenute nelle Sacre Scritture (dovuta ad una lettura imperfetta da parte dell’uomo, e non certo da un divino errore), implicava da parte dei Cabalisti l’utilizzo di nuove tecniche di lettura, spesso bizzarre e inusuali, volte a cogliere il significato criptico ed il senso profondo dei testi. Vari erano infatti i metodi usati per tale scopo, tra cui il

Notariqon, caratterizzato dal fatto di sostituire ciascuna lettera di una parola con l’iniziale di un’altra, la Gematria, basata invece sull’equivalenza fra parole e numeri, ed infine la Temurah, che consisteva nell’ invertire le lettere di una parola in modo tale da comporne altre di significato opposto; praticamente un anagramma.

Tecniche affini a quelle della produzione di anagrammi erano alla base dell’ Ars Combinatoria di Raimondo Lullo e delle sue macchine inferenziali, atte a dimostrare la verità o la falsità delle asserzioni. Tali tecniche consistevano nel disporre su un circolo gli elementi fondamentali che formano una nozione in modo tale da poter essere messe in relazione tra loro da speciali schemi grafici disegnati al centro dei cerchi. Siccome ogni ragionamento, come voleva Aristotele, è una forma di collegamento tra concetti, diventa così facendo possibile, secondo il rullo, una rappresentazione della conoscenza e dei suoi modi di procedere, secondo dei moduli geometrici grafici. Ispirandosi all’Ars combinatoria di Lullo, anche Giordano Bruno, nelle sue opere ermetiche, si servì di tecniche non dissimili nel tentativo di inventare una macchina capace di risolvere tutti i problemi di carattere logico e fosse d’ausilio allo sviluppo della creatività. Il sistema delle Ruote Mobili. Secondo questo modello, se veniva moltiplicato il numero delle ruote concettuali in rotazione attorno ad un centro, diventava allora possibile generare nuove associazioni mentali facendo così dell’ars demostrandi (capace di dimostrare la falsità o veridicità di un concetto), un’ ars inveniendi, capace cioè di scoprire nuove associazioni.

Anche la tradizione cristiana e cattolica in particolare ha ceduto al fascino dell’anagramma come dimostra il fatto che ricombinando le lettere della celebre formula “Ave Maria, gratia plena, Dominus tecum”  si ottiene “Virgo serena, pia, munda et immaculata”.

Successivamente, sempre rimanendo legato ad una certa tradizione magico – religiosa, l’anagramma diventa strumento divinatorio capace di rivelare alla persona il proprio destino  nascosto nelle lettere del proprio nome, oppure determinate qualità che la contraddistingueranno nella vita. È così per esempio che MARCO ANTONIO diventa ANTICO ROMANO;  ALDO BUSI, DIABOLUS; SILVIO BERLUSCONI, IL VISINO BURLESCO, GIANFRANCO FINI, FRANGA I CONFINI; IGNAZIO LA RUSSA, SI ALZA SU IGNARO; ROMANO PRODI, ORDONO PRIMA…Ma è credibile una corrispondenza effettiva tra il significato dei nomi e la realtà? Evidentemente nel pensiero antico pre-platonico,  figlio del mito e del simbolo, in cui il corpo è tutto e tutto esprime, non contemplante ancora la scissione tra una res cogitans e una res extensa ante litteram, di cui il cristianesimo si impossesserà per postulare un’immortalità dell’anima,  e ancora oggi nel modo di rappresentarsi le cose di alcune società definite “primitive”, aventi l’irrazionale e il magico come categorie d’interpretazione del mondo, tale relazione era ed è considerata un fatto. Ma nella società industrializzata e tecnologica, laica sì, ma anche profondamente profana e dissacratoria, tale credenza è considerata una superstizione (almeno ufficialmente, si intende…). Non temano nulla quindi i politici e il lettore che anagrammando per diletto il proprio nome (Pare che Luigi XIII di Francia fosse tanto divertito da tale gioco al punto da avere un anagrammista personale, tale Thomas Billon “anagrammista del re”) dovesse scoprire per esempio che l’anagramma di STEFANO è NEFASTO; SEVERO, E’ SERVO; FELICE, LE FECI; GIULIANA, LINGUAIA; ANTONELLA, LA LENTONA; SONIA, ASINO, LUCIANO… La semantica  ci mette al sicuro grazie alla teoria del cosiddetto  Triangolo Semiotico (cfr. C.K. Ogden e I.A. Richards: Il significato del significato, 1923). Disegnato un triangolo A,B,C, dove A indica il significato (ovvero il concetto, l’idea a cui la parola rimanda), B il significante (in questo caso il suono di una qualsiasi parola),  e C il referente (la cosa vera e propria), due sole sono le relazioni possibili in modo diretto secondo tale teoria: quella tra significante e significato (BA), e quella tra significato e referente (AC). Non è possibile invece una relazione diretta, senza cioè passare per il significato, tra il significante e il referente (BC). (e comunque, due rette parallele si incontrano solo nell’infinito quando ormai non gliene importa più nulla…).Questo significa che non vi è nessuna relazione di fatto  tra i nomi e le persone e quindi tra anagramma e realtà, ma è solo la nostra mente che crea per convenzione tali associazioni. Quindi è solo un caso che, per esempio, anagrammato, DEMOCRAZIA CRISTIANA diventi AZIENDA CAMORRISTICA; MARIO MONTI, ANIMO MORTI; MASSIMO D’ALEMA, AMMASSO DI MALE; GIULIO ANDREOTTI, L’INTRIGO È D’AIUTO; MARIA STELLA GELMINI, LA GALLERIA MI SMENTI’… Ma a pensarci bene anche CASO è un anagramma, l’anagramma di CAOS, parola quest’ultima che non ha bisogno neanche di eventuali combinazioni di lettere per mostrare le profonde affinità con il panorama politico italiano.

Eppure, alla luce di alcune considerazioni fatte sopra, nonostante i poderosi argini semantici, balenarci potrebbe alla mente l’idea che forse qualcosa di più di una semplice coincidenza ci sia in tali affinità, visto che molto spesso il riscontro che alcune di esse trovano nella realtà è disarmante… A proposito! L’anagramma di “anagramma” è ARMA MAGNA .

Ma meglio non cedere a possibili e tentatrici interpretazioni metafisiche del rapporto tra nomi e cose e non scomodare teorie e dottrine sostenitrici di una  realtà la cui verità è disposta su più livelli di interpretazione, a seconda della lettura che si riesce a fare di essa… Lasciamo queste cose, tra l’altro relative,  sull’ altare dei filosofi e dei poeti e di quanti ritengono che “nomina sunt consequentia rerum”.

Oggi l’arte dell’anagramma, che proprio in quanto gioco con le forme rispecchia perfettamente la definizione di arte, ha perso i suoi connotati mistico-religiosi conservando però le sue caratteristiche ludiche tanto da diventare un vero e proprio oggetto di studio da parte degli enigmisti che così lo distinguono:

 

Quante possibili combinazioni ha una parola di lunghezza n?

Se la parola in questione è formata da lettere tra loro diverse, le possibili combinazioni variano a seconda della lunghezza della parola. Ad esempio, in una parola di 5 lettere basta moltiplicare 5x4x3x2x1 = 120  ovvero

 

N =  n (n-1) (n-2) (n-3)…1

dove n varia a seconda del numero delle lettere della parola in questione.

Se invece nella parola ci sono degli elementi che si ripetono, ad esempio nella parola POLITICA ,e non vogliamo contare due volte le due posizioni possibili della I, dobbiamo dividere il numero totale delle combinazioni per il numero di tutte le combinazioni possibili degli elementi che si ripetono. Ad esempio, usando il metodo precedente, la  parola BOSSI verrebbe contata 2 volte, tante quante sono le possibili permutazioni delle due S. Invece la parola DEFICIENTE  verrebbe contata 12 volte, quante le permutazioni possibili delle tre E (6) e delle due I (2). Possiamo dire che i possibili anagrammi di una parola che contiene n simboli di cui uno si ripete S1 volte, un altro S2  volte, e un K-esimo si ripete SK

volte sono:

         N!

__________

S1!S2!….SK!

Nel caso limite che i simboli siano tutti uguali (la parola MMMMM) la formula dà il risultato corretto cioè n! / n! = 1.

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